Quando si nomina il parto, la prima cosa a cui la maggior parte delle persone pensa, sono urla, dolore, una donna affaticata in una sterile stanza d’ospedale, magari in lacrime circondata da infermieri e dottori col camice e un marito che pare aver appena visto un fantasma.
Nel migliore dei casi.
Non importa di chi sia la colpa di aver trasmesso una simile immagine, spesso ricorrente anche in film o aneddoti personali, quasi che a volte ci sia una gara per chi ha avuto l’esperienza “più estrema“.
Così, quando se ne parla, anche in maniera casuale, inevitabilmente qualcuno esclama davanti al pancione della diretta interessata: “Oh Mio Dio, stai per partorire, ho sentito che è la cosa più orrenda di questo mondo. Povera te”. Insomma, come se fosse la fine del mondo.
Ora, se è vero che qualcuna può aver avuto davvero un’esperienza drammatica, per complicazioni, ecc… questa non è la maggioranza dei casi.
Alice Rossiter, blogger dell’Huffington Post, giunta alla 34° settima di gravidanza, ha deciso di riflettere in modo approfondito sull’argomento adottando però un punto di vista differente.
Per non farsi influenzare negativamente la donna ha deciso di parlare solo con persone che siano di sostegno, con una visione positiva come lei stessa sta cercando di costruirsi attraverso letture, ricerche e materiale.
Mentre Alice lavora per rimanere positiva, per avere fiducia in se stessa, per comprendere il processo naturale della nascita, la sua autostima aumenta e così pure la sensazione di avere la situazione sotto controllo.
Molti sostenitori del parto naturale ritengono che un atteggiamento positivo sia il modo migliore per fare metà del lavoro verso un’incredibile e appagante esperienza del parto.
Si tratta anche di semplice psicologia, quando sentiamo o vediamo qualcosa di negativo o spaventoso, la nostra prima reazione è il timore, la paura. Ad esempio se una persona ha già di per sé paura di volare, il racconto di un atterraggio difficile o un incidente attecchirà per bene nella sua testa. Non solo ne sarà a conoscenza, ma il suo cervello archivierà l’informazione nel subconscio.
Questo vuol dire che il ricordo, l’impressione che ne avete avuto potrebbe ricomparire nella vostra mente cosciente quando meno ve lo aspettate, prima di prendere un volo, per esempio.
Per anni e anni la società ha parlato del travaglio come qualcosa di terrificante, di doloroso, in aggiunta alle preoccupazioni per il lavoro e l’arrivo del bambino.
Con un quadro così negativo non c’è da meravigliarsi se quasi nessuna donna pensi a questo momento come qualcosa di meraviglioso, come in realtà dovrebbe essere.
Nel 1933 il dottor Grantly Dick-Read ha pubblicato un libro intitolato: Childbirth without fear (Parto senza paura), il cui tema principale verte sulla spiegazione per cui più una donna temerà il parto, più sara tesa e di conseguenza il travaglio risulterà ancora più doloroso.
In pratica si può far risalire il tutto al combatti o fuggi, una risposta evolutiva al pericolo che si trasmette attraverso i nostri ormoni per aiutarci a lottare o fuggire dalle minacce. Sperimentiamo questa condizione diverse volte nel corso della giornata, quando siamo stressati, sul lavoro, ecc… il nostro corpo reagisce portando via sangue dagli organi interni e consegnandolo agli arti più estremi per dar loro maggior forza.
Tornando al travaglio, ciò vuol dire che la paura fa affluire più sangue alle braccia e alle gambe e non all’utero. Esso quindi non può funzionare come dovrebbe, dilatandosi. La risposta combatti o fuggi dei vostri ormoni vuol dire che il vostro travaglio può rallentare o addirittura fermarsi.
Ed ecco che intervengono medici e chirurghi.
La blogger ricorda allora che l’umanità partorisce dall’inizio del mondo, che non è niente di nuovo, che l’uomo però l’ha trasformato in un’esperienza super medicalizzata, invece che la cosa più naturale per tutte le specie esistenti.
Addirittura una sua parente ostetrica ha osservato che se alle donne “venisse tagliata” la testa prima di partorire, lo farebbero tutte senza problema.
La blogger ha deciso di proseguire lungo la via che ha tracciato per sé, fatta di serenità, di nuotate, di meditazione, di rilassamento sperando di essere sulla buona strada per un parto naturale.
E voi unimamme, come avete vissuto l’attesa del parto? Eravate angosciate o rilassate? L’esperienza si è poi rivelata come l’avevate immaginata?
Dite la vostra se vi va.
Fonte: (Huffington Post.com)
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