Marco Dolfin ha 34 anni, ed è un medico-chirurgo all’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino, reparto chirurgia ortopedica naturalmente.
Quattro anni fa ha subito un incidente stradale. Uno scontro frontale con la moto che lo ha costretto sulla sedia a rotelle.
Nel 2011 giunge nel reparto traumatologia come paziente. Riesce a spiegare che fratture ha subito e le avverte nelle gambe, ma al risveglio dopo l’operazione ha perso completamente la sensibilità dalla vita in giù: un ematoma gli comprime il midollo.
Marco si era sposato poco prima del terribile incidente che ha radicalmente cambiato la sua vita. Marco e Samanta, sua moglie, passano così il primo anno di matrimonio dentro l’unità spinale, dove il giovane chirurgo ortopedico ha intrapreso un durissimo percorso di riabilitazione. L’obiettivo principale é stato recuperare in pieno l’equilibrio del tronco.
Marco non ha mai perso la fiducia in se stesso, e si era da subito prefissato uno scopo ben preciso: tornare a fare il suo mestiere, in sala operatoria.
Parenti e amici gli consigliavano di dedidacarsi ad altro, ma lui oggi ringrazia la sua “testa dura come prima dell’incidente“. E in questo viaggio non è mai venuto meno il sostegno di Samanta, e Marco ha dichiarato: “Tutti i minuti della giornata ti trovi a doverti cucire addosso una vita nuova e a volte getteresti la spugna, per fortuna io e mia moglie, la persona più importante del mondo in questa battaglia, la gettavano a tempi alternati, anche oggi quando uno cede l’altro trascina“.
Oggi Marco riesce ad operare come prima dell’incidente grazie ad una particolare carrozzina progettata per farlo lavorare in qualsiasi posizione intermedia, da seduto a completamente eretto. Usa con la stessa perizia martelli, seghe, scalpelli e quant’altro necessario al suo lavoro, e con la stessa forza richiesta in certi momenti dalla chirurgia ortopedico.
Ha dovuto superare l’ovvia diffidenza dei pazienti, dei colleghi e della sua stessa.
“Quanto ai colleghi ho prevenuto qualsiasi loro dubbio mettendoli davanti al fatto compiuto: ho ripreso a fare tutto anche le protesi d’anca e il ginocchio, che erano l’incognita più grossa“.
Cira i pazienti invece afferma: “Il percorso di riabilitazione mi ha permesso di essere più empatico con i miei pazienti, oggi scorgo sensazioni che prima non potevo comprendere appieno. In fondo, questo incidente mi ha persino aperto nuove opportunità.”
Grazie alla fisioterapia Marco è anche tornato a praticare il suo sport preferito: il nuoto. Ha un bel medagliere pieno di ori e si allena per le Olimpiadi di Rio del 2016.
Ovviamente permangono problemi di ordine pratico all’ordine del giorno, ma la fiducia non viene mai meno e la sua conclusione è tanto lapalissiana quanto incontestabile:
“Non ringrazio per l’incidente, ma le cose succedono e prima te le farai andare bene e meglio è”.
Da pochi mesi infine è diventato papà, di 2 gemelli!
Non è la prima volta che dimostriamo come la disabilità non debba per forza essere considerata una barriera insuperabile, e questa bellissima storia ne è un’ennesima conferma.
Che grande esempio di forza di volontà per tutti noi Unigenitori, siete d’accordo?
Noi vi lasciamo con un articolo che spiega come spesso il potenziale delle persone con disabilità venga sprecato.
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