Baby squillo: i recenti fatti di cronaca possono far pensare alle ragazzine che per avere dei soldi facili per comprarci abiti e accessori firmati basti accettare di “vendere” il proprio corpo per un po’. Qualcuna potrà anche dire che in fondo non si tratta di prostitute per strada, ma che piuttosto i clienti sono uomini facoltosi a cui piacciono giovani. Sicuramente questi “uomini” sono da condannare perché oltre a commettere il reato di sfruttamento della prostituzione, si accoppiano anche con delle minorenni. Però loro? Queste bambine non più bambine che giocano con il proprio corpo senza capire che ciò le perseguiterà per il resto della vita, solo in nome del denaro?
Baby squillo in aumento: vendere il corpo non è un gioco
Brenda Myers-Powell è una donna americana che per 25 anni ha fatto la prostituta. Ha cominciato quando aveva 14 anni – già madre di due figlie – e ha smesso quando un cliente l’ha quasi sfigurata buttandola giù dalla macchina in corsa.
E’ stata una vita terribile, la sua: orfana di madre ad appena 6 mesi, è cresciuta con la nonna alcolizzata che non si accorgeva delle molestie sessuali subite dalla nipotina di 4 anni.
Brenda è cresciuta credendo di non avere un’alternativa: o si prostituiva o non sarebbe mai potuta uscire dalla miseria in cui si trovava. Ha raccontato che ogni giorno aveva almeno 5 clienti, per un totale di 1800 uomini all’anno. E non si trattava certo di amore, ma di un utilizzo del corpo “come un gabinetto”.
La prostituzione non è mai una via d’uscita: “la gente descrive la prostituzione come qualcosa di affascinante, elegante, come nella storia di Pretty Woman, ma non è nemmeno vagamente vicino alla realtà“. I protettori – così si fanno chiamare gli uomini che sfruttano le ragazze – sono violenti sia dal punto di vista fisico sia psicologico. Non è vero che prostituirsi in un albergo di lusso è più sicuro del marciapiede.
Soprattutto non si può pensare che sia una via facile per fare soldi: è vero che si può guadagnare molto, ma è altrettanto vero che si perde in dignità e consapevolezza (e i segni li si porterà per tutta la vita).
Bisogna insegnare alle ragazze, o meglio alle bambine, a trattare bene il proprio corpo che non può essere considerato alla stregua di un’oggetto da vendere al miglior offerente; in questo dovrebbero essere educate anche ad un uso più consono dei social network, dove non è raro vedere foto di tredicenni in pose ammiccanti e seminude magari per avere dei “mi piace” o dei commenti adulatori (se non peggio).
Brenda ha fondato nel 2008 l’associazione a Dreamcatcher Foundation per aiutare le prostitute ad uscire fuori dal “giro” e a rifarsi un’esistenza. Cosa che è riuscita a fare lei, incontrando l’uomo giusto che le ha insegnato forse per la prima volta l’amore. Perché, nonostante tutto – come ha dichiarato a Il Post – “C’è vita, e non sto parlando di un po’ di vita. C’è molta vita“.
(Fonte: thepostinternazionale.it)