Dividendosi tra Svezia e Tanzania Moa ha assistito molte mamme nel momento più delicato della loro vita. Mentre in Europa le donne possono usufruire di antidolorifici e tutta una serie di cure mediche in Tanzania gli ospedali non garantiscono nemmeno le cure fondamentali come sacche di sangue per la trasfusione, latte in polvere o ostetriche preparate.
A dispetto della drammaticità di alcune situazioni la fotografa ha riscontrato anche diverse similitudini. “Tutte attraversano le stesse fasi fisiche, anche se le svedesi possono usufruire di antidolorifiche che mancano in Tanzania”.
“Le immagini mostrano solo il volo delle partorienti, non sangue o altre parti intime. Trovo interessante che alcune persone, tra cui io, ritengano i volti immagini più intime addirittura dei corpi nudi. L’espressione di un volto dice molto e in tanti si possono identificare in essa“.
“Il parto è un momento privato a cui molte persone assistono solo quando nasce il loro figlio” dichiara la donna.
“Come fotografa posso entrare in alcuni luoghi e incontrare delle persone che altrimenti non avrei mai visto. Questo è ciò che amo di più del mio lavoro. Cerco sempre di essere rispettosa non essendo di intralcio e non scattando troppe immagini“.
“Il momento del parto può essere spaventoso e affascinante ma se le persone dicono sì vuol dire che si aspettano che scatti delle foto. Le mamme di questo servizio potevano dirmi di andarmene ma nessuna l’ha fatto”.
Moa ha scattato dei ritratti a diversi stadi del travaglio, quelle che si riferiscono all’ultima spinta sono tutte svedesi.
“Penso che le differenze a questo livello siano individuali, ma dalle immagini scattate sembra che le donne svedesi facessero più scene e gridassero. Forse perché ciascuna, in Svezia, ha la propria stanza, mentre in Tanzania le donne condividono la stanza con altre persone”.
Per questo servizio fotografico la donna è stata ispirata da un lavoro per un giornale in cui le si chiedeva di assistere a un parto.
“Condividere quelle emozioni in un momento intenso e cruciale mi ha lasciato un’impressione molto forte. Si è trattato di una delle situazioni più realistiche che abbia mai fotografato. Anni dopo ho iniziato questo progetto spinta dalla curiosità”.
Moa ha iniziato il progetto nel 2012 in Svezia con delle mamme che le hanno lasciato fotografare il parto. Inizialmente è stato un po’ difficile coordinare gli impegni con il momento in cui scattare le foto, un parto infatti non si può posticipare e lei ne ha persi alcuni.
“Dopo aver mancato diversi parti ho capito quando fossero fortunate, le donne svedesi, a partorire in questo Paese potendo accedere a cure di elevata qualità e con un tasso di mortalità infantile molto basso. Trovo che sia estremamente ingiusto che non tutte le donne del mondo abbiamo le stesse possibilità. Partorire in sicurezza dovrebbe essere un diritto umano, nessuna dovrebbe rischiare la vita”.
La fotografa ha preso a cuore questo problema considerando che 20 Paesi del mondo, tutti collocati nell’Africa sub sahariana, hanno un tasso di mortalità infantile peggiore della Tanzania. Ma in Tanzania una mamma ha centinaia di probabilità in più di morire di parto rispetto a una mamma svedese.
“Le donne che hanno acconsentito al mio progetto erano le più rilassate e a loro non importava che ci fosse un’altra persona nella stanza. Hanno voluto avere gli scatti, si tratta di un documento unico di uno dei più grandi eventi della vita”.
In Svezia Moa si è tenuta in contatto con donne in procinto di partorire che poi l’hanno chiamata quando si sono dirette in ospedale. Lo staff medico non ha protestato.
In Tanzania invece si è appoggiata a un’organizzazione che le ha consigliato alcune cliniche.
Moa Karlberg, con le sue immagini, spera di attirare l’attenzione sul differente trattamento delle donne per quanto riguarda la salute in tutto il mondo. “Spero che possano rendere consapevoli le persone delle disparità nel mondo per quanto riguarda le cure al momento del parto. Vorrei provocare sentimenti reali e identificazione. Questo, nel lungo periodo, può portare all’azione, a livello personale e globale. “
Una donna fa una smorfia mentre partorisce in una delle ultime serie di foto in bianco e nero catturate durante il travaglio.
Una donna chiude gli occhi durante il parto in Tanzania.
Questa è tratta dalla serie: Centinaia di volte le differenze e vede una donna giacere a letto con un cipiglio gentile sul volto.
Questa mamma appare calma rispetto al travaglio in corso.
la fotografa ha notato che le donne che assumono protossido di azoto e antidolorifici fanno più rumore nelle loro stanze.
Karlberg sostiene che, a dispetto della disparità dei modelli di vita in Tanzania e Svezia lei è rimasta colpita dalla somiglianza delle loro espressioni facciali.
La fotografa ha dichiarato che le donne e i loro partner avrebbero potuto chiederle di andarsene ma nessuna l’ha fatto.
Moa spera che le sue immagini suscitino un dibattito sulla disparità del trattamento delle donne durante il parto.
Karlberg ha scattato le sue prime immagini sul parto durante uno stage per un giornale svedese.
Moa ha sottolineato quanto siano fortunate le svedesi rispetto alle donne della Tanzania i cui ospedali sono carenti di risorse.
le donne tanzenesi partoriscono senza poter pensare di prendere antidolorifici o ricevere trasfusioni o latte artificiale.
Quando si presentano complicazioni le disparità diventano più notevoli, le svedesi hanno tutto ciò che serve per fronteggiare un’emergenza.
Una donna che sembra poco più che adolescente colta a fissare un punto a lunga distanza.
Unimamme se queste immagini pubblicate sul Daily Mail vi sono piaciute guardate anche le 12 fantastiche immagini che ritraggono il momento del parto.
Voi cosa ne pensate dell’obiettivo della fotografa?
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