Kristy Cecil, la sua mamma, aveva già avuto una precedente gravidanza dove tutto era stato tranquillo, ma quando era ancora alla 25° settimana la donna ha cominciato ad avere delle contrazioni ed è stata portata in ospedale.
La diagnosi non è stata per niente promettente, si trattava di distaccamento della placenta, una cosa molto seria, dal momento che la placenta provvede al nutrimento e all’ossigenazione del bimbo nel grembo. “Non andrai a casa presto” le ha pronosticato un medico e Kristy ha cominciato a temere il peggio.
Questa complicazione non minacciava solo il bambino ma anche la vita della donna. “Ad un certo punto ho capito che non riguardava solo me, ma anche lui e avrei fatto qualsiasi cosa per aiutarlo” ha dichiarato. Kristy sapeva che ogni giorno in più nel grembo materno sarebbe equivalso ad alcuni giorni in meno da trascorrere in ospedale per il figlio.
Giunta alla 25° settimana le è stato dato l’annuncio che tanto temeva: il bambino doveva nascere. Il medico gliel’ha annunciato mostrandole una tac in cui si vedeva un grumo di sangue al suo interno.
Kristy ha pianto mentre veniva trasportata verso la sala operatoria: “è successo tutto molto in fretta, ho potuto sentire tutto, l’hanno preso. Non l’ho nemmeno sentito piangere. Sentivo molto dolore. Mio marito ha visto il bimbo, poi mi hanno fatto l’anestesia e non ho più visto e udito nulla”.
Il piccolo prematuro pesava circa 500 grammi ed era lungo 33 cm. la sua mamma però era convinta che sarebbe sopravvissuto.
Un bambino su 9, in America, nasce prima della 37° settimana di gravidanza e nonostante il tasso di sopravvivenza per bimbi prematuri si sia innalzato nel corso degli anni, per i piccoli come Hugo la percentuale di decessi è ancora molto alta, 1/3 dei piccini piccoli come lui muore.
Appena nato il bimbo è stato posto sotto ventilazione assistita perché i suoi polmoni non erano ancora completamente sviluppati.
“Sentivo che ce l’avrebbe fatta” ha dichiarato a Yahoo la mamma del bimbo “sentivo che se fossi stata con lui tutti i giorni ce l’avrebbe fatta”.
Il piccino ha trascorso 4 mesi e 4 giorni in ospedale, assistito. “Andavamo due passi indietro e due avanti, non c’è mai stato un progresso lineare. Dovevi sempre affrontare nuove sfide”.
La donna si è appoggiata alla famiglia, al personale medico e ai volontari che spesso le portavano pizza, caffè e cose da fare per distrarsi.
“Si è trattato di una bellissima sensazione… sapere di essere amati così tanto. Ho anche pensato che, dal momento che avevamo tutto quel sostegno, le energie di tutte quelle persone e il loro amore per Hugo, tutto questo l’abbia aiutato a farcela. so che ci ha aiutati”.
Infine Hugo è tornato a casa ma è rimasto sotto ossigeno per un anno, i battiti del suo cuore monitorati e c’erano anche problemi con l’alimentazione.
Per molto tempo Kristy ha assistito con ansia al lento sviluppo del figlio rispetto agli altri bambini. “Tutto è diventato più facile quando ha cominciato a gattonare e a fare quello che fanno gli altri bambini”.
Ora Hugo ha 5 anni ed è un bambino felice che sorride spesso. “Una volta imparato come fare non ha mai smesso”.
Chi lo incontra alla fine esclama: “non avevo nessuna idea di quale storia avesse dietro”.
Per celebrare la ripresa di Hugo la famiglia torna in ospedale ogni anno. “I dottori e le infermiere dicono che lui è un miracolo per il fatto di essere nato a 25 settimane e per le varie operazioni a cui è stato sottoposto. Non mi hanno mai detto quanto fosse brutta la situazione ma credo che nella loro mente fosse peggio di quello che mi dicevano, questo solo dal modo in cui reagiscono guardandolo e la loro reazione sconvolta vedendo come vada alla grande”.
Unimamme, la storia del piccolo Hugo ci ricorda quella di altri prematuri come Trevor Florek che ce l’hanno fatta a dispetto di tutto?
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