Paola è un’intraprendente ragazza di 28 anni in cerca di un impiego. Aspirante fotografa, ancora non si può mantenere con la sua passione e quindi ha bisogno di integrare il suo reddito con un altro lavoro, nella fattispecie hostess negli alloggi turistici. Fissa un colloquio di lavoro con un’agenzia che fornisce questo tipo di servizio e si trova davanti il sedicente imprenditore che le deve far sostenere il colloquio in questione.
L’uomo inizia a farle domande e Paola risponde a tutte. Alla domanda sullo stato civile Paola tentenna e lui incalza “sei sposata? convivi? hai figli?“. Paola vorrebbe non dare risposta, e alla sua domanda “posso non rispondere?”, M.M.(così lo chiama Paola) le dice che il colloquio è finito e la manda via. Alla richiesta di spiegazioni l’uomo non lascia spazio a dubbi: deve sapere se ha figli o meno, se tiene famiglia, perché questo incide sulle prestazioni lavorative. Strappa il questionario e diventa ancora più scortese per togliersela di torno. Paola va via ferita, non prima di dirgli in faccia che l’Italia va in malora grazie alla presenza di individui come lui nel mondo del lavoro.
La ragazza allora scrive un post dell’accaduto su Facebook (che vi consigliamo di leggere per intero) e diventa virale.
La rabbia e la frustrazione hanno spinto questa ragazza a veicolare il suo sfogo sul social network di Zuckeberg. E nel giro di poco tempo è diventato virale, raccogliendo oltre 42 mila condivisioni e più di 70 mila mi piace.
Paola fa una premessa parlando brevemente delle sue aspirazioni professionali e del motivo che l’ha portata a sostenere il colloquio con M.M. Ci descrive la situazione: l’attesa per il ritardo all’appuntamento del possibile datore di lavoro, la maleducazione dimostrata non presentandosi, non dando la mano e tutto il corollario dello spocchioso che si fa forte della sua “posizione di comando”, il modello “Caporale” egregiamente descritto da Totò in “Siamo Uomini o Caporali”.
Paola è voluta essere provocatoria, con ogni probabilità sapeva che tipo di reazioni avrebbe suscitato nel suo interlocutore, e comunque sono dati indispensabili da dare in un posto di lavoro. Ma lo sdegno e la rabbia sono condivisibili, perché in questo Paese avere dei figli è una discriminante, è come avere punteggi in meno in graduatoria, nel già difficile mondo del lavoro delle donne.
Una provocazione dettata dalla giovane età e dalla sacrosanta voglia di far rispettare i propri diritti, senza dover nascondere il proprio status di mamma. Un’esperienza che diventa spunto per l’ennesima disamina sociale sul mondo del lavoro, sempre più proiettato verso una categoria fatta di uomini e donne single. Perché la discriminazione avviene anche per quei papà che vorrebbero a buon diritto voler passare più tempo con i propri figli, e richieste di astensioni parentali al maschile vengono viste con occhio molto, molto critico. E chi vi scrive ne sa qualcosa.
Anche Papa Francesco ha più volte lanciato l’allarme in merito alla questione e una presa di coscienza forte è oggi più che mai necessaria, e certamente dovremmo mandare a casa i Caporali, come dice Totò: “Caporali si nasce, non si diventa!… hanno tutti la stessa faccia, le stesse espressioni, gli stessi modi. Pensano tutti alla stessa maniera!”
E voi che ne pensate unigenitori di questa triste storia?
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