Uno psicoterapeuta italiano, Alberto Pellai, ha pubblicato una lettera rivolta al figlio, che può essere di ispirazione per tutti noi.
Pellai inizia la lettera dicendo al figlio di non potergli spiegare il perchè avvengano tali drammatici episodi, ammette di non conoscere le motivazioni che spingono pochi folli a togliere la vita a centinaia di persone innocenti, che come colpa avevano solo quella di trovarsi nel postso sbagliato al momento sbagliato.
Continua poi dicendo che le immagini della Tv e le parole della radio mettono paura, e che purtroppo non può dirgli che ciò che è appena successo non accadrà più, però dice al figlio cosa può fare:
“io e te possiamo fare subito qualcosa per rendere il mondo un posto bello in cui vivere. Possiamo abbracciarci, così i nostri cuori che battono, l’uno contro l’altro, faranno capire alla nostra mente che non siamo soli. Che io e te possiamo contare l’uno sull’altro quando qualcosa ci spaventa. E sappi che io non sarò mai stanco di regalarti la forza protettiva del mio abbraccio.”
Non solo, poi cerca di spiegare il figlio che cosa accade una volta che le persone sono morte: le loro anime si reincontrano nel cielo, sotto forma di stelle, e tra queste ci sono anche le anime di chi, con un cuore piccolo, ha pensato che “impugnato un’arma e sparare sia un buon modo per fare giustizia su questa terra“. E che mentre sono in circolo a parlare di morte, le anime delle vittime mostrino alle anime delle persone che hanno ucciso il viso delle persone che sono rimaste sulla terra, che piangono i loro cari: un bambino che è rimasto senza papà e una mamma che è rimasta senza compagno. E’ solo allora che i colpevoli capiranno la follia delle loro azioni e ne avranno un eterno rimorso.
Pallai consiglia al figlio come comportarsi l’indomani a scuola, con i compagni musulmani (Amina, Abdul, Abed e Asif):
“continua a cercare nei loro volti lo sguardo e il sorriso di un potenziale fratello e nei loro corpi la voglia di giocare di un amico a cui tirare la palla.”
Ma l’insegnamento piu’ importante arriva alla fine:
“ti posso insegnare la forza della solidarietà, la dignità della cooperazione, il desiderio di costruire, il bisogno di continuare a credere che l’uomo – ogni uomo – indipendente dal colore della sua pelle e dal Dio che prega al mattino e alla sera, è un mistero che chiede solo di essere accolto e amato. E nell’amore, nella solidarietà e nella cooperazione, io e te insieme possiamo costruire un mondo migliore. E possiamo dire ad Amina, Abdul, Abed e Asif che loro possono fare lo stesso insieme a noi. Se tutti insieme ci riusciremo, tra qualche anno Amina, Abdul, Abed e Asif insegneranno a chi pensa di affermare la superiorità del proprio Dio attraverso la forza delle armi, che quella è una via sbagliata. E che qualsiasi religione si basa sulla forza dell’amore. E non sulla forza della forza.
Perché se c’è una cosa che la vita mi ha insegnato è che chi è amato, impara ad amare. Mentre chi odia, impara ad odiare. E allora, anche se qualcuno ti verrà a dire che adesso c’è bisogno di vendetta, perché nessuno ha il diritto di farci provare così tanto terrore e paura, tu non crederci. Perché nel bisogno di vendetta si nasconde l’odio. E l’odio non porterà mai alla pace. E alla giustizia.
E ancora:
“Continua a vivere non col terrore che qualcuno ci possa fare del male, ma con la speranza che io, te e tutti gli altri possiamo insieme costruire un Amore su questa terra che è infinitamente più grande dell’odio con cui qualcuno ci vuole spaventare.”
Ecco, figlio mio, non ti posso dare la certezza che a te e a me non succederà mai qualcosa di brutto. Ma ti posso assicurare che io e te insieme possiamo rendere questo mondo migliore. Con le nostre parole, i nostri gesti, i nostri sguardi. E la nostra voglia di pace. Abbracciami forte allora figlio mio. Prendi forza dal mio cuore che batte contro il tuo. Impara che quando ci si abbraccia, quando ci si guarda negli occhi, quando si alza lo sguardo al cielo per trovare la vera luce, il brutto smette di essere tale, la paura perde consistenza e si contamina con il coraggio dell’Amore. Quell’amore che stasera fa di me e di te insieme un “NOI” più grande del terrore che hai provato nel cuore guardando le immagini della strage di Parigi.
Buona notte, figlio mio.Sogna la luce“
Insomma, parlare e dare speranza ai figli, non trasmettere loro paura, ma tranquillizzarli e soprattutto far loro capire che non è con l’odio che si vince l’odio, ma con l’Amore! E noi di questo siamo certe!
E voi unimamme, che ne pensate? Ne avete parlato con i vostri figli?
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