Piu’ precisamente:
Le donne intervistate hanno ammesso che molto spesso le persone non sanno cosa dire. 1/3 di loro si è sentita dire che il bambino che aspettavano “non era davvero un bambino”, l’84% invece che “non era destino”.
A fronte di queste percentuali però le coppie devono affrontare tre aborti spontanei prima che il loro caso venga preso in esame. A questo proposito la CEO di Tommy, un centro specializzato proprio sul sostegno alle donne, Jane Brewin dichiara: “non è possibile che una coppia attraversi tutto questo dolore e incertezza. Vorremmo vedere un’immediata riduzione a 2, il nostro scopo è che l’aborto spontaneo venga preso sul serio“.
Si stima che 1/4 delle gravidanze finiscano con un aborto spontaneo ma le cause sono ancora oggi sconosciute. Per questo motivo l’associazione Tommy ha aperto nel Regno Unito il primo centro di ricerca sull’aborto spontaneo. Lo scopo è quello di dimezzare gli aborti spontanei entro il 2030 grazie alle nuove scoperte.
La CEO di Tommy Jane Brewin dichiara “pensiamo che alcuni tabù sociali che circondano una discussione aperta sugli aborti spontanei siano la causa dei fondi limitati e del sostegno nella ricerche riguardanti la prevenzione di questo fenomeno. Il nostro centro guiderà le ricerche per rispondere a queste domande e trovare metodi preventivi. Identificherà le donne a rischio, quelle che hanno bisogno di più aiuto e chiederà come la scienza possa migliorare le cure prenatali per prevenire aborti spontanei”.
Purtroppo il silenzio che vige su questo fenomeno rende difficile per le donne condividere la vasta gamma di reazioni che possono sperimentare in quel frangente.
Di dà per scontato che le donne provino tutte le stesse cose ma non è così. “Speriamo che incoraggiando le donne a parlare di aborto spontaneo possiamo approfondire la comprensione delle loro esperienze aiutando quindi la ricerca“.
Il professor Phillip Bennet, direttore dell’ Institute for Reproductive and Developmental Biology, Imperial College London dichiara “Spero di poter dare ai miei pazienti le risposte che cercano. Abbiamo l’esperienza, la tecnologia, la guida, dobbiamo trovare i risultati“.
Per tutti questi motivi Tommy ha lanciato la campagna #misCOURAGE su Facebook e Twitter per incoraggiare mamme e famigliari che hanno sperimentato l’aborto spontaneo, a parlare, condividere esperienze e mostrare il loro sostegno.
Unimamme e voi avete mai dovuto subire questa esperienza o conoscete mamme che l’hanno attraversata?
Noi vi consigliamo di leggere l’esperienza di una mamma che ha deciso di rompere il silenzio.
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