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L’Italia e la crisi: 1 persona su 4 è a rischio povertà

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Michele

Secondo i dati Istat del 2014 il 28,3% della popolazione è pericolosamente vicino allo stato d’indigenza o all’esclusione sociale. E in questo bieco scenario si apprende anche di un sempre maggior numero di famiglie che lavora per pochi mesi all’anno.

E quindi, apprendendo i risultati dell’indagine Istat, oltre un quarto della popolazione italiana è ad un passo dal baratro della povertà o esclusione sociale.

L’Italia si trova sotto quattro punti percentuali della media europea (attestata al 24,4%). E come sempre ci troviamo in un Paese a due velocità, con il Sud sempre più desertificato per quanto riguarda il lavoro.

A farne le spese maggiori sono, come sempre, i bambini, indifesi e vittime finali dei continui tagli che una famiglia deve affrontare per far quadrare i miseri bilanci. Tagli sul vestiario, il materiale didattico per la scuola, lo sport, tutto quello che può permettere ad un bambino di affacciarsi sul mondo con delle buone basi.

I parametri della rilevazione Istat sono stati scelti tra tre problemi, di cui almeno uno é  stato incontrato da chi risulta prossimo all’indigenza o all’esclusione sociale:

  1. Povertà economica basata sulla dichiarazione dei redditi del 2013.
  2. Uno stato di grave deprivazione materiale.
  3. Una bassa intensità lavorativa.

E arriviamo, così, al 28,3% dei nostri connazionali in gravi difficoltà, dato pressoché identico a quello dell’anno precedente.

Continuando a leggere il rapporto Istat si può venire a conoscenza anche di altri dati allarmanti e che ben fotografano la disuguaglianza sociale nella distribuzione di tutto quello che fa reddito ( nel linguaggio tecnico la tale disuguaglianza viene definita “asimmetrica”):

  • il 20% delle famiglie più ricche detiene il 37% delle risorse economiche;
  • il 20% più povero vive con l’8%.

Aumentano gli italiani con bassa intensità lavorativa ( giunti al 12,1%), e vuol dire che oltre un cittadino su dieci vive in famiglie i cui componenti hanno lavorato solo per pochi mesi durante l’anno.

Diminuiscono, in compenso, le persone che vivono in uno stato di deprivazione materiale: ritardo nel pagamento delle bollette di luce e gas, possibilità di affrontare una spesa imprevista, poter mangiare carne o pesce almeno due volte la settimana.

Come abbiamo detto sono i bambini a fare maggiormente le spese di questo disagio, specie se appartenenti a famiglie numerose. Ma sono anche i genitori single, avendo un solo reddito a disposizione.

Solo le coppie senza figli vedono aumentare sensibilmente le proprie condizioni.

Insomma il velato messaggio che passa è che fare figli oggi non conviene. Triste è quella società che dovrà ridursi a vedere le future generazioni come capitoli di spesa.

La crisi riduce a questo e se non si attueranno politiche di sostegno ai redditi più fragili, per contrastare questo trend, diventerà l’unica soluzione: non fare figli.

In un paese, dove l’età media per fare il primo figlio si è spostata a 40 anni e ci si ferma ad uno solo, non sono proprio belle notizie.

Unigenitori, voi cosa ne pensate?

Michele

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