Quando ero là fuori con lui in strada, mi sentivo vulnerabile e sola.
Non ho scattato queste foto pensando che le avrei condivise con il mondo, era solo qualcosa che dovevo fare. Le ho scattate in modo che, tornata a casa mi sarei potuta sedere lì e processare quanto accaduto. Volevo ricordare, continuare a tornare indietro. Sedevo lì a guardare le immagini, chiedendomi cosa avrei potuto fare. Qualcosa mi dava carburante per continuare a spingere e non mollare.
In una foto potete vedere la sua maglietta stracciata e le sue braccia esposte, è davvero magro e i suoi occhi sono chiusi. Quella foto è stata scattata il giorno in cui si temeva che avrebbe colpito un uragano, mi ricordo di essere uscita presto dall’ufficio guidando per cercarlo e raggiungerlo “papà sta arrivando un uragano , dobbiamo portarti da qualche parte al sicuro, per piacere esci da lì , puoi salire sulla mi auto?” Lui non si muoveva.
A causa della sua malattia mentale non c’era niente che potessimo fare. Non potevamo costringerlo a ingerire nessun farmaco, poiché non era un pericolo per se stesso o gli altri questo, non lo toccava. Alla fine abbiamo saputo che aveva avuto un attacco cardiaco. Questo gli ha salvato la vita.