Può un film insegnarci come essere genitore? Sicuramente si, e Big Fish di Tim Burton è uno dei casi.
Edward Bloom è un commesso viaggiatore che ha vissuto una vita straordinaria e incredibile, ricca di avventure magiche e meravigliose. Tra nani e streghe, giganti e uomini lupo, oltre alla rincorsa continua a quell’enorme pesce mai catturato, la vita di Ed è piena e stimolante. Almeno è così che l’ha sempre raccontata al figlio Will.
Le storie del padre, però, per Will erano divertenti e affascinanti quando era un bambino. Ora che è adulto, sembrano solamente le visioni di un vecchio patetico, incapace di accettare l’ordinarietà della sua vita. Ma quando Ed si trova sul letto di morte, a Will manca non aver mai conosciuto veramente suo padre, nascosto dietro un velo di bugie e storie inventate. Non gli rimane altro se non partire per scoprire la verità su suo padre. Quello che troverà, però, è che a volte il confine tra realtà e fantasia è più sottile di quanto si creda e che la vita può metterti di fronte ad esperienze inaspettate.
Girato tra la perdita del padre e la nascita del figlio, Big Fish rappresenta per Tim Burton una linea di demarcazione che segna il passaggio all’età adulta per i suoi film. Il regista, infatti, sembra quasi accantonare l’infanzia filmica fatta di scheletri parlanti e Frankenstein improvvisati, per passare a un racconto più maturo. Viene accantonato il regno della fantasia dove tutto, per quanto incredibile e inverosimile possa essere, rappresenta la realtà, per passare al racconto dell’anima, dell’interiorità dell’essere umano, sempre in bilico tra il reale e il fantastico. Proprio come per uno dei protagonisti del film, Edward Bloom, interpretato da Ewan McGregor nella sua versione giovanile e da Albert Finney in quella più anziana. Un padre che racconta di come la vita possa essere meravigliosa se guardata con gli occhi giusti.
Penso che tutti i papà, guardando il film, si siano interrogati sul rapporto che li lega ai propri figli. Un padre desidera sempre essere visto come una sorta di eroe dal proprio piccolo, ma quanto può essere giusto inventare storie? E quanto inverosimili posso essere? Ma soprattutto, quando termina la finzione? Le domande sono molte ma difficile dare delle risposte. Forse è più semplice guardare agli effetti che le storie di Ed hanno sul figlio.
Will, prima di tutto, apre gli occhi sul mondo della fantasia, in cui tutto ciò che ci circonda si trasforma in un’avventura incredibile. Quel mondo in cui il pavimento del salotto diventa un mare di lava, gli alberi del parco nascondono mostri da combattere e con gli amici si fa un giro nel far west per inseguire indiani e pistoleri. Un mondo di fantasia che i nostri figli stanno sempre più perdendo, rinchiusi in casa di fronte a uno schermo. I genitori non hanno tempo di insegnare loro cos’è la magia, che i draghi si possono uccidere e che le fate esistono, lasciandoli a una fredda realtà, dove non c’è spazio per l’immaginazione.
Come secondo effetto, Will impara a guardare il mondo con occhi nuovi, dove anche un elemento ordinario della nostra quotidianità, può diventare meraviglioso e importante. Perché per essere felici non sono necessari oggetti costosi o di moda, ma è sufficiente avere delle persone care con sui condividere ciò che abbiamo.
Infine, possiamo trarre una lezione dagli errori di Ed. Tutto il film ruota intorno al contrasto tra padre e figlio, nato da una relazione a senso unico, in cui Ed parlava e Will doveva recepire. L’uomo è rimasto incastrato nel desiderio da padre di essere visto come un eroe, relegandolo a semplice auditore delle sue avventure. Non chiede mai a Will di viverne una con lui, favorendo un avvicinamento nel loro rapporto. I bambini hanno bisogno dei propri genitori per scoprire il mondo che li circonda, sia esso di realtà che di fantasia, ma alle volte siamo troppo occupati per accompagnarli in questo viaggio.
In conclusione, tutto ciò che Will impara grazie al padre lo rende una persona migliore. Ci rimane però il dubbio se sia corretto o meno inventare storie sul mondo che ci circonda ai nostri figli. Se il fine possa giustificare il mezzo.
Credo che ogni genitore, in questo caso, debba trovare la propria risposta. Credo anche che, alle volte, ci focalizziamo troppo sullo scoprire la verità. Certe volte non è importante se una storia sia vera o falsa, ma che sia semplicemente una bella storia.
Finalmente il trailer per un anteprima del film
E voi unigenitori, come la pensate al riguardo? Avete visto il film?