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Categoria Salute e benessere bambini

Il Natale nel film “Una famiglia perfetta”: conta apparire o essere? (VIDEO)

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Andrea Mondati

Il Natale è sempre un periodo speciale e molti desiderano che tutto sia perfetto. Per Leone realizzare questo desiderio non è assolutamente impossibile. Decide di affittare una compagnia di attori per interpretare quella famiglia che aveva perso anni addietro. Leone così riacquista, mai il verbo fu utilizzato in maniera più concreta, una moglie, tre figli, un fratello, una cognata e una madre, ingaggiati con il compito di interpretare la sua famiglia perfetta. Gli attori hanno un copione e il compito di non uscire mai dal proprio personaggio. Tra rimproveri, minacce e scambi artistici, la trama scritta da Leone riesce a procedere fino a quando la realtà non deciderà di spezzare l’idillio introducendo un personaggio inaspettato.

Grazie a un cast d’eccellenza, Paolo Genovese racconta la famiglia italiana durante il periodo natalizio, seguendo in qualche modo il filone ormai classico del cinepanettone, aggiungendo una nota dolce amara tipica del cinema neorealistico italiano del dopoguerra, che riflette sull’arte e sull’interpretazione. I personaggi attori sono tutti alla disperata ricerca di qualcosa, sottovalutando quell’ingaggio che sarebbe dovuto essere semplice. In realtà essere costantemente all’interno di un personaggio metterà a dura prova la loro professionalità e li porrà di fronte ai loro limiti e debolezze.

Tutta la storia ruota intorno all’importanza dell’apparire, con alcuni personaggi posizionati ad hoc per favorirla od osteggiarla. Leone, interpretato da Sergio Castellitto, ne è il più vivido esempio. Dopo aver assunto la compagnia, è completamente disinteressato ai sentimenti che muovono gli attori ingaggiati, poiché più interessato all’apparenza del Natale. Arriva addirittura ad insultare e licenziare il bambino che interpreta suo figlio, poiché troppo grasso a suo dire. In contrapposizione, c’è la figura di Marco Giallini, che interpreta Fortunato, l’attore-fratello di Leone, incarnazione dell’essenza vera del teatro, che mette al primo posto l’interpretazione vissuta e sentita. In una scena del film lo vediamo impegnato a spiegare questo concetto all’adolescente Pietro, il cui unico sogno è quello di partecipare al Grande Fratello, stereotipo dell’apparenza senza contenuto.

Il film diventa così una lunga rincorsa a una felicità natalizia in cui apparenza e sostanza vengono confuse e scambiate. Un po’ come accade nelle nostre famiglie, specialmente nel periodo natalizio. Gli addobbi, i festoni, le recite di Natale e i regali, da semplice scenografia al vero spirito natalizio, sono diventati unici protagonisti. Per questo ci affatichiamo ogni anno, spendendo tempo e denaro in corse frettolose dell’ultimo momento ad acquisti che servono a rendere il nostro Natale perfetto. In realtà, ciò che veramente importa è l’amore, verso noi stessi e il prossimo.

Questo è il periodo in cui dovremmo essere uniti e felici, e non stanchi e stressati. L’albero di Natale, le luci colorate, i canti nelle scuole sono importanti perché fanno parte di una tradizione che ci accompagna fin da quando eravamo bambini e che io, da padre, vorrei che anche mio figlio vivesse e tramandasse. Ma penso anche che sarebbe più bello fare una passeggiata con la mia famiglia in più e avere una portata in meno la sera della Vigilia, oppure fare un regalo in meno a mio figlio ma averlo portato a giocare un pomeriggio sulla neve.

Perché si fa presto a confondere apparenza con sostanza, ma bisogna ammettere che non hanno la stessa importanza.

Prima di terminare, date un’occhiata al trailer.

E voi unigenitori, avete visto questo film? Vi ha fatto riflettere?

Andrea Mondati

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