I libri sono una delle più grandi gioie della vita. La possibilità di imparare, viaggiare con la mente, sognare mondi inimmaginabili, lontani e meravigliosi, tutto questo comodamente seduti sulla propria poltrona. Un privilegio, quello della lettura, che non tutti hanno nella altre parti del mondo. Sembra però che, in Italia, stiamo lentamente perdendo coscienza della bellezza e della fortuna di poter leggere.
Un’indagine Istat, infatti, ha rilevato che quasi il 60% delle persone dai 6 anni in su, non legge libri, venendo definita come “una vera e propria emergenza”. Complessivamente i valori sono scesi rispetto agli anni precedenti, indicando che siamo un paese dove si sta smettendo di leggere.
Partiamo da qualche dato in generale:
Il 9,1% delle famiglie non ha alcun libro in casa mentre il 64,4% ne ha al massimo 100.
Le donne sono più portate alla lettura. Fra la popolazione femminile, infatti, il 48,6% è una lettrice, rispetto al più misero 35% di quella maschile.
Le persone che leggono in media almeno un libro al mese, i cosiddetti “lettori forti”, sono solo il 13,7% tra i lettori, ben inferiore al 45,5% dei “lettori deboli”, coloro che leggono non più di tre libri l’anno.
Solamente l’8,2% della popolazione complessiva ha letto o scaricato e-book o libri online negli ultimi tre mesi.
Presi così, i dati potrebbero essere più o meno interessanti. La lettura è un piacere personale che non può essere imposto, sopratutto dopo una certa età. Ma guardando con più attenzione e approfondendo questi dati, scopriamo che riescono a realizzare un perfetto ritratto della situazione sociale italiana.
Le persone che non leggono, infatti, sono sopratutto quelle che subiscono svantaggi economici e sociali, che vivono in zone svantaggiate. I non lettori, infatti, sono in gran parte persone con un basso livello d’istruzione, rivelando una maggiore incidenza nella zone del Mezzogiorno, nei piccoli comuni e tra quelle che hanno un basso reddito, con i seguenti dati:
le regioni dove si legge meno sono la Campania e la Puglia, rispettivamente con il 71% e il 70,2% di non lettori, seguite dalle altre regioni del Sud d’Italia;
il 63,2% della popolazione dei comuni fino a 2.000 abitanti, non legge mai;
il 72,3% di coloro che hanno al massimo la licenza elementare, non ha letto nessun libro nell’ultimo anno.
Già da questi dati, possiamo capire che la “non lettura” non è più una semplice scelta personale ma è guidata da situazioni di disagio e difficoltà sociale.
Fortunatamente i nostri giovani leggono ancora. Il 50% dei lettori, infatti, sono i ragazzi tra gli 11 e i 19 anni, in particolare quelli tra i 15 e i 17 anni. Quando crescono, però, sembra che inizino gradualmente a perdere interesse nella lettura. Andando avanti con l’età, infatti, la percentuale dei lettori si abbassa sempre di più.
Potrebbe essere legato al termine della scuola? I ragazzi smettono di leggere perché non sono più “obbligati” dagli insegnanti?
Oppure è causato dallo scontro con una società, con il mondo del lavoro, dove la cultura sembra essere sempre secondaria?
Indubbiamente l’allontanamento dalla cultura coincide con un’esclusione sia sociale che economica. Infatti tra quei ragazzi che non studiano e non lavorano, solamente il 18,2% riesce a raggiungere il livello 3 dei criteri Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), il livello minimamente accettabile sulla scala dell’alfabetizzazione, contro il 32,3% di chi lavora, il 42,9% di chi studia e il 45,8% di chi fa entrambe le cose. Insomma, la poca integrazione nella società causa l’assenza di cultura che causa esclusione dalla società. Un circolo vizioso che bisogna assolutamente interrompere.
Ma i libri hanno anche un influenza su noi stessi? Il 71% dei lettori afferma di essere molto soddisfatto del proprio tempo libero, dichiarando di frequentare anche musei, cinema e teatri, contro il 64% dei non lettori.
Parlando invece della loro situazione economica, solamente il 2% dei non lettori si ritiene soddisfatto, contro il 56% di chi legge, raggiungendo il 70% tra i “lettori forti”.
Sorge spontaneo chiedersi se sono i libri a migliorare la qualità della vita e la visione che ne abbiamo o se, piuttosto, una vita migliore ci permette anche di sentirci più attratti dalla lettura. La risposta dell’Istat è chiara:
la lettura “è condizionata dalla capacità degli individui di comprendere e interpretare in modo adeguato il significato dei testi scritti, una competenza di base indispensabile per garantire un’effettiva capacità di accesso, gestione e valutazione delle informazioni, e quindi di crescita individuale e collettiva“.
In conclusione, leggere ci rende delle persone migliori. Attraverso le parole di altri, possiamo migliorare come persone. Acquisire conoscenze che prima non pensavamo di poter avere, ricordarci il valore e l’importanza dei sogni ma trovare anche la forza per realizzarli, conoscere culture differenti dalla nostra e ispirarci il desiderio di verificarle di persona. I libri sono compagni instancabili che si adattano al nostro umore e al nostro tempo.
Se la musica è la colonna sonora della nostra vita, la lettura è il commento fuori campo, quello che ci definisce come individui, raccontando da dove siamo partiti e accompagnandoci dove dobbiamo andare.
Per i nostri figli ci sono molti iniziative che cercano di farli avvicinare ai libri: metodi d’insegnamento innovativi, biblioteche visionarie, senza considerare la Giornata Mondiale del Libro. Ma dobbiamo essere noi ad accompagnarli in questo mondo fatto di carta e inchiostro. Non sarebbe un peccato privare i nostri bambini di quel viaggio meraviglioso che è la lettura?
E voi unigenitori, siete d’accordo?
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