WaterAid, una onlus che opera in Africa, ha profilato 7 donne provenienti da paesi diversi, rivelando come ciò che è essenziale varia in funzione del luogo di origine delle future mamme.
In Africa, per esempio, l’essenziale potrebbe consistere in un rasoio per tagliare il cordone ombelicale, un lenzuolo di plastica nera per partorire,mentre in paesi più avanzati, come la Gran Bretagna o gli Stati Uniti, olio da massaggi e iPad possono essere ritenuti tali.
Il primo paese preso in considerazione è lo Zambia, e la donna ritratta si chiama Hazel, ha 27 anni.
Il contenuto della sua borsa prevede:
“C’è un pozzo alla clinica, ma non c’è acqua nel reparto maternità” ha dichiarato. La donna ha preparato anche un rotolo di plastica nera da sdraiare sul lettino per mantenere l’igiene personale dal momento che non c’è acqua per lavare il lettino tra un parto e l’altro.
Dopo aver parlato con parenti anziane, racconta: “Una delle cose che mi è stato detta è di non dormire troppo durante il giorno . Mi è stato detto che se lo faccio, il bambino dormirebbe anche lui, al momento del parto. L’altra cosa che mi è stata detta è di non mettere una sciarpa o una collana al collo durante la gravidanza perché il cordone ombelicale si potrebbe avvolgere intorno al collo del bambino“.
Diversa è la testimonianza di una mamma americana, come è facile immagine.
Nella sua borsa ha messo:
“Sono stata così felice di crescere una vita dentro di me, è un vero miracolo, sono molto fortunata a vivere vicino a uno dei migliori ospedali di New York. Essere incinta aumenta la consapevolezza di quanto siamo fortunate ad avere accesso a grandi strutture per la nascita e all’acqua pulita. Vuoi il meglio per il tuo bambino ed è devastante pensare a quanto siano pericolose l’acqua contaminata e strutture con scarsa igiene”. E aggiunge: “Sogno un mondo dove tutte le donne abbiano un posto sicuro, pulito per partorire i loro bambini”.
Non è proprio ciò che avviene in Africa.
Ellen è del Malawi ed ha 23 anni . Ha partorito presso il Centro di Salute Simulemba , che serve oltre 70.000 persone e fa nascere più di 90 bambini al mese.
Nella sua borsa ha messo:
In tale centro Ellen potrebbe anche rimanere un mese. Non c’è elettricità o acqua potabile, solo 4 bagni per 400 persone, docce che cadono a pezzi e senza porte, nessun equipaggiamento sterilizzato. L’acqua proviene da una pompa d’acqua condivisa con 2000 persone. L’acqua non è pulita e la coda è molto lunga.
Vediamo ora cosa scelgono le donne in Australia.
Katie è una mamma di origini inglesi ma che vive a Melbourne, ed ha 31 anni.
La sua borsa contiene:
“Io credo che sia impensabile che molte donne avanti nella gravidanza raccolgano acqua sporca nei paesi dove lavora WaterAid, cercando di gestire lo stress della gravidanza tutti i giorni e la prospettiva della nascita, oltre al carico di doversi procurare l’acqua”.
“Anche portare la borsa per l’ospedale è troppo pesante per me, non riesco proprio ad immaginare come farei se dovessi portare 25 litri per una lunga distanza”.
Dall’Australia andiamo in Madagascar.
Claudine ha 26 ed è del Madagascar. Nella sua borsa porterà:
Claudine è fortunata perché grazie a WaterAid e ad AMI nel villaggio vicino a dove vive ha accesso all’acqua pulita.
Claudine racconta: “è stato costruito qualche anno fa quindi non devo andare molto lontano per procurarmi l’acqua”.
Parlando di ciò che le è stato consigliato, anche lei non indossa una sciarpa per paura che il cordone ombelicale si avvolga intorno al collo del piccino.
In Gran Bretagna la situazione è nuovamente diversa.
Joanne ha 34 anni, vive a Londra e aspetta il suo primogenito.
“Mi sono portata delle bottiglie per l’acqua, mia sorella mi ha suggerito di portare qualcosa per rendere più facile bere l’acqua durante il travaglio”.
La donna ha portato bottiglie vuote, sicura che ci sia una fontanella dove riempirle. “Lo dò per scontato, diversamente per le persone in Africa. La cosa più importante è la coperta che mia mamma mi ha dato per portare a casa la bambina, la stessa con cui mia mamma mi ha portata a casa”.
E infine conosciamo una mamma della Tanzania.
Agnes ha 22 anni ed è alla sua terza gravidanza.
Nella borsa ha messo:
L’ospedale in cui Agnes ha partorito serve un raggio di 80 km da dove vive: ci sono 3 stanze per le donne che devono partorire e chi ha già partorito e nessun modo di separare chi è in travaglio da chi non lo è. Due stanze hanno 4 letti a castello e una 5 letti, in nessuna stanza c’è l’acqua. Per lavarsi devono usare la toilette o entrare in un lavandino che viene usato per disporre dei rifiuti del travaglio e lavare i macchinari medici.
Queste testimonianze ci fanno apprezzare sicuramente le nostre comodità, ma dovrebbero anche smuovere le nostre coscienze e pensare anche a tutte le mamme del mondo per le quali essenziale è addirittura l’acqua.
WaterAid si occupa proprio di questo, e il governo inglese, per sostenere tale onlus, ha stabilito che fino al 10 febbraio raddoppierà le donazioni ricevute da Wateraid.
Ecco il video del suo ultimo progetto intitolato “DeliverWater” (Partorire Acqua), con il quale vuole garantire a più mamme possibili acqua pulita.
Una bellissima iniziativa, non pensate anche voi unimamme? WaterAid, così come Amref che da anni ha a cuore il destino delle mamme africane , rappresentano esempi concreti di cosa si può fare e si deve fare per mamme e bambini che hanno la fortuna/sfortuna di essere nati in paesi come l’Africa.
Bellissimo anche il gesto del governo inglese. E in Italia quando?
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