Oskar Schell è un bambino di 11 anni affetto dalla Sindrome di Asperger. La sua malattia lo porta ad avere gravi problemi di relazione con le persone intorno a sé e con la realtà che lo circonda. Per aiutarlo nella crescita, il padre, Thomas Schell, un orologiaio di New York, cerca di inventare sempre nuovi giochi per guidarlo alla scoperta del mondo, sopratutto cacce al tesoro che spingano il figlio ad uscire di casa e a relazionarsi con il prossimo.
Oskar, nonostante la malattia, vive così una vita appagante e felice, fino a quando il padre non gli viene strappato via. L’uomo infatti è una delle vittime dell’attentato dell’11 settembre alle Torri Gemelle. Senza più punti di riferimento, il bambino non riesce ad accettare la morte del padre. La comunicazione con la madre, che vive il suo stesso lutto, è difficile e Oskar si isola dal mondo, fino a quando non trova una chiave appartenuta al padre e un misterioso cartellino con la scritta Black. Oskar decide quindi di incontrare tutti i Black di New York (più di quattrocento) per scoprire lo scopo di quella chiave, considerandola l’ultima caccia al tesoro affidatagli dal padre Thomas.
Molto forte, incredibilmente vicino è un film del 2011 di Stephen Daldry, interpretato da Tom Hanks e Sandra Bullock, tratto dal romanzo omonimo di Jonathan Safran Foer.
Il film si delinea subito come una riflessione sulla tragedia dell’11 settembre, indagando però le conseguenze all’interno dei piccoli nuclei familiari. Questa detective story atipica, senza criminali e poliziotti, approfondisce l’identità familiare americana, prima e dopo il principale spartiacque storico del nuovo millennio. Fondamentale elemento è la leggenda che Oskar ascolta dal padre sulla presunta esistenza di un sesto distretto a New York, che diviene la nota di sottofondo di tutto il film e lo porta a viaggiare per la città di New York, rappresentate della cultura americana.
Attraverso la ricerca di Oskar e il viaggio all’interno della città, possiamo vedere una nazione atterrata da un evento tragico e inaspettato, che cerca di rialzarsi e andare avanti. Oskar diviene il simbolo di una cultura americana impaurita da tutto ciò che la circonda, incapace di comprendere di chi fidarsi, costretta a rivedere la sua identità ora che è priva di punti di riferimento.
L’elemento più interessante per noi genitori è, naturalmente, il rapporto tra padre e figlio. Thomas si delinea come un padre perfetto: presente, paziente, fantasioso e disponibile. La sua morte diventa un elemento doloroso persino per gli spettatori. Thomas aiuta Oskar a crescere e gli insegna un modo, se pur sotto forma di gioco, per affrontare le sue paure e i suoi limiti. Purtroppo, però, è proprio l’assenza del padre a permettere al bambino di maturare. Attraverso la relazione priva di protezioni che Oskar instaura con i vari Black della città, il bambino può comprendere realmente le proprie capacità, scoprendo che gli sconosciuti non sono mostri da cui fuggire, ma individui che hanno bisogno di comunicare, che vivono il suo stesso bisogno di instaurare relazioni.
Perché a volte, i genitori, per quanto bravi possano essere, tendono a voler proteggere costantemente i figli. Creano una bolla di sapone dove il bambino può vivere al sicuro. Questa bolla, però, isola e impedisce ai figli di poter comprendere la realtà e quando, prima o poi, scoppierà, saranno incapaci di vivere il mondo intorno a loro.
Thomas lo sapeva e spingeva Oskar a non avere paura di uscire. Solo grazie al lavoro che il padre ha fatto negli anni insieme, il figlio può spiccare il volo da solo.
E se qualche papà ha qualche difficoltà, ecco qualche consiglio per instaurare un forte legame con vostro figlio.
Qui il trailer del film
Voi unigenitori, come vi relazionate con i vostri figli? Li fate volare o avete paura che possano cadere?
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