Una storia da ascoltare per imparare a non giudicare ma a tendere una mano a chi ne ha bisogno. Perché chi ha difficoltà oggi, domani potrebbe avere un futuro differente se viene guidato. Soprattutto se si parla di bambini, coloro che hanno il potenziale umano più alto.
Anthony Hamilton è un uomo di 41 anni, originario del Texas. Qualche giorno fa, ha deciso di aprire le porte del suo passato e riscoprire un dolore vecchio di anni, raccontandolo sulle pagine del sito OZY.
Anthony ci racconta della sua infanzia, quando aveva solo 13 anni. Ci dona la possibilità di scoprire quanto può essere dolorosa per un bambino la vita scolastica.
“Da piccolo non mi è stata mai insegnata l’importanza dell’educazione, figuriamoci come usare un aggettivo. Non ho mai pensato che la scuola fosse il biglietto da visita per il futuro. La vera scuola, per me, non era fatta di compiti in classe. Non riuscivo a formulare verbalmente ciò che sentivo dentro e questo mi innervosiva. Quando toccava a me leggere, volevo sempre nascondermi. Ero sempre pronto a vomitare. Piangevo costantemente, ma senza darlo a vedere: le mie lacrime cadevano dentro di me. Avevo 13 anni, e già mi odiavo per come ero”.
Le parole di Anthony sono dure e pesanti. Odiare sé stessi già a 13 anni. Il desiderio di nascondersi costantemente, solo perché si sentiva incompreso. Solo perché nessuno riusciva a capire che il piccolo Anthony era dislessico. Non aveva nessuno a guidarlo e aiutarlo. Nemmeno gli insegnanti, che dovrebbero cercare di essere vicini ai loro studenti in situazioni come queste, si interessavano del problema. Anzi, le preoccupazioni, le paure e gli incubi di Anthony erano legate proprio alla figura di un insegnante in particolare, il Sig. Creech.
“Lo sapeva che non ero in grado di leggere. E decise di rivelare il mio segreto. Un giorno mi disse: “Anthony”- diceva- “perché non ci leggi il prossimo paragrafo?” Non sapevo nemmeno cosa volesse dire “paragrafo”. Avrei voluto provare a decifrare quello che c’era di fronte a me. Ma il solo suono della mia voce faceva ridere tutti gli altri”.
Come può un bambino affrontare un problema così grande, se la persona che dovrebbe guidarlo lo mette di proposito al centro della derisione degli altri compagni di classe? Come si può pensare che mortificando e umiliando un bambino di 13 anni con un problema che non riesce a capire, tanto meno a gestire, lo porti a superarlo?
Ma la storia di Anthony è appena all’inizio.
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