Ma cosa accadrebbe se anche la comunicazione fosse legata a logiche di mercato? Se per parlare e comunicare fossimo costretti a dover comprare le parole che vogliamo usare? Questo è ciò che accade nel libro La grande fabbrica della parole.
In un lontano paese, per poter parlare, bisogna acquistare le parole e inghiottirle. Le parole più importanti, però costano molto e non tutti possono permettersele. Il piccolo Philéas è innamorato della dolce Cybelle e vorrebbe poterle dire “Ti amo”, tra le parole più costose. Purtroppo non è ricco e non può permettersi di acquistarle. Al contrario, un altro bimbo Oscar ha molti soldi e può addirittura comporre un lungo discorso per promettere alla dolce bambina che un giorno la sposerà. Riuscirà Philéas, nonostante le difficoltà, a conquistare il cuore di Cybelle?
La grande fabbrica delle parole è un tenero libro scritto da Agnès de Lestrade, illustrato magnificamente da Valeria Docampo ed edito da Terre di Mezzo. Il libro è una dolce poesia messa sotto forma di racconto, trasportando il lettore in un magico mondo dalle forti tinte industriali, senza diventare mai pesante, in cui le persone non possono comunicare se non acquistando le parole dalla grande fabbrica del paese.
La storia, dopo una breve introduzione alle regole un po’ strane che guidano la comunicazione nel paese, prosegue con la distinzione tra ricchi e poveri:
Alla fine di questa leggera e poetica introduzione, ci viene presentato il nostro protagonista, Philéas, intento nella ricerca di parole scartate nell’immondizia, sperando di trovare le parole giuste per dichiarare il suo amore alla bella Cybelle, senza successo
Il libro è rilegato in cartoncino e composto da pagine leggere. Il racconto si sviluppa sostanzialmente in poche righe. In ogni pagina, poche parole descrivono l’azione, posizionate in modo da non interferire con le illustrazioni. Alcune parole, più importanti delle altre, sono in grassetto, per catturare l’attenzione dei piccoli lettori.
Le illustrazioni sono accurate e delicate, in stile industrial, come già detto. Più che di disegni, si dovrebbe parlare di collage, in quanto si ha quasi l’impressione che parti di giornali siano state utilizzate per comporre le immagini. Per coerenza con la storia, sono presenti in quasi tutto il libro lettere di ogni tipo, che schematizzano le immagini, fino al momento in cui Philéas parla, assumendo toni più leggeri e delicati. Questo perché i disegni seguono l’evoluzione emotiva delle parole: da mero strumento nutritivo, sterile e slegato dalla personalità della persona, a vero strumento di comunicazione che parla di sentimenti e di ciò che portiamo dentro.
Non bisogna però dimenticare che le parole possono portare anche alla discriminazione–
Il libro è adatto ai bambini dai 4 ai 7 anni di età, proprio il momento in cui le parole iniziano ad assumere importanza, sia nelle prime locuzioni che nella scrittura. Il libro diventa così perfetto per far comprendere l’importanza delle parole e il valore, non economico naturalmente, che hanno. Spiega inoltre come sia importante esprimere i propri sentimenti con naturalezza e semplicità, secondo le proprie possibilità, con le parole che si hanno a disposizione. Lezioni che anche noi adulti dovremmo ricordare.
E voi unigenitori, come vi esprimete con i vostri figli? E loro invece?
E per quei bambini che ancora non parlano, ecco alcuni consigli come favorire l’apprendimento di nuove parole.
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