“Credo che la Disney abbia risposto molto bene alle richieste di cambiamento femminile che, francamente, sono state fatte per lungo tempo”, dice Dawn England, dottoranda presso l’Arizona State University che ha pubblicato una ricerca su come uomini e donne si comportano nei film Disney. “C’è ancora molta strada da percorrere, ma c’è stato sicuramente un cambiamento verso queste principesse più androgine”.
La Disney-Pixar, quindi, sta spendendo tempo e risorse per studiare e realizzare personaggi, in particolar modo femminili, che vadano incontro alle moderne percezioni e idealizzazioni. Già nel 1991, Belle aveva sicuramente una grossa parte della sua psicologia modellata su quelle femminista, oltre che un rimando diretto a Katharine Hepburn in Piccole donne, un personaggio forte e libertino, di rottura con la figura femminile del passato. Già per La Bella e la Bestia, la guida era femminile: Linda Woolverton, la prima donna a firmare una sceneggiatura per un film d’animazione Disney.
Nonostante questi innegabili sforzi, però, la Disney deve lavorare molto, soprattutto nel dietro le quinte, dove regnano preconcetti sulla figura femminile, che si rispecchiano poi nei vari personaggi. Nonostante la libertà, lo spazio attivo, gli interessi e le parti comunicative che le donne hanno guadagnato nei lungometraggi dal periodo “rinascimentale” ad oggi, le principesse Disney rimangono personaggi schiacciati o bisognosi dell’aiuto di quelli maschili. Non del tutto indipendenti dall’altro sesso. Legate sopratutto a una legge di mercato secondo cui, se una principessa diviene troppo “mascolina” perché realmente libera e indipendente, perfettamente in grado di affrontare le difficoltà della storia senza l’aiuto del principe azzurro di turno, si corre il rischio che le bambine non si interessino al personaggio. Di nuovo, la società che influenza lo spettacolo.
In quest’ultima frase, troviamo anche le motivazioni per portare avanti una ricerca come questa.
Fought e Eisenhauer sostengono che la loro ricerca vuole arrivare a stabilire cosa queste tipologie di film, spesso visti e rivisti, insegnano sui ruoli di genere.
England afferma che c’è bisogno di più studi come questi, perché bisogna capire cosa rimane impresso nelle menti dei più giovani.
Dopotutto, una bambina non nasce con la convinzione che il rosa sia femminile, delicato, principesco. È la società, noi genitori in primis, che trasmettiamo questa convinzione. Altri studi sono stati condotti per stabilire da cosa deriva la suddivisione dei giochi a seconda del sesso, ma è assodato che se avete una bambina e non vi piace il rosa, avrete vita dura.
“Noi non crediamo che le bambine giochino o parlino per natura in un certo modo”, approfondisce Fought “Quindi la questione è dove le ragazze ottengono le loro idee circa l’essere femminili”. Anche se la ricerca di Fought e Eisenhauer è ancora nelle sue fasi preliminari, sicuramente si può affermare che i film d’animazione hanno una forte componente d’insegnamento nelle menti dei più piccoli. È anche vero che non sono le uniche fonti d’ispirazione.
Noi genitori abbiamo il dovere di permettere ai nostri figli di possedere una mentalità aperta, non incasellata all’interno di schemi precostituiti. Se riteniamo che uno di questi personaggi Disney abbia dei valori importanti, anche se non rispecchia totalmente la figura della “principessina in pericolo”, valorizziamoli, così che i nostri figli possano apprezzare la curiosità di Ariel, la passione per la lettura di Belle, la presa di responsabilità di Elsa o il coraggio di Rapunzel. Creiamo una schema femminile più ampio a cui lo spettacolo si possa ispirare, per proporci personaggi ancora più affascinanti e composti che possano a loro volta ispirarci. Un cerchio continuo in cui non siamo spettatori passivi, ma parte integrante di una società sempre con meno differenze tra il genere maschile e femminile. Perché una rivoluzione di questo tipo deve partire proprio dall’educazione dei nostri figli.
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