Mentre stava svezzando il suo bambino Jenny ha capito che c’era qualcosa che non andava e ha scoperto che il suo piccino aveva una brutta intolleranza.
“Mi ricordo il minuto esatto in cui è accaduto. Stavi scalciando felice con le tue gambine nel seggiolone seduto tra il frigorifero e la cucina, dove sedevi sempre.
Il pranzo era divertente per noi, solo tu e io. Mettevo un po’ di musica e mangiavo appoggiandomi all’isola della cucina mentre ti offrivo deliziosi primi assaggi. Ti stavo svezzando.
Mi ricordo di essere stata molto eccitata per il fatto perché sarebbe stato il tuo primo assaggio di un panino con burro d’arachidi e gelatina quel giorno. Un classico americano e uno dei cibi favoriti tra i bambini.
Uno di quelli con cui sono cresciuta anch’io e che amavo. Non ho pensato nemmeno per un secondo cosa ti avrebbe fatto e ho spalmato il burro di arachidi da una parte e la gelatina dall’altra. Era di fragole, la mia preferita, speravo che fosse anche la tua.
Ho tagliato il panino in piccoli pezzi, per offrirtelo.
Il papà è tornato dal lavoro per prendere il portafogli che aveva lasciato sul bancone della cucina e assaggiare il pranzo. Poi è andato nella stanza di dietro per ascoltare gli aggiornamenti di Bloomberg sul mercato azionario.
Non ho avuto occasione di accendere la musica. Ti ho offerto un pezzo di prova e mi sono girata per rimettere il burro d’arachidi e la gelatina in frigo.
Tu l’hai preso felicemente e l’hai messo in bocca. C’è voluto un secondo per leccarlo e vedere di cosa sapeva. Ho atteso un sorriso per confermare che era il tuo nuovo cibo preferito.
All’inizio hai iniziato a deglutire come se il burro d’arachidi si fosse fermato sulla tua lingua e non fossi abituato alla consistenza. Sembrava come la maggior parte dei bambini da svezzare e che imparano a controllare il riflesso faringeo.
Ma è durato solo un secondo, poi hai cominciato a tossire, sussultare e gli occhi si sono rovesciati. Io sono rimasta agghiacciata. Ho sentito debolmente il suono delle scarpe di papà che correva dalla cucina verso di te. Ho pulito dalla tua bocca tutto quello che ho potuto mentre continuavi a vomitare.
Sapevamo di doverti portare subito in ospedale. Non abbiamo chiamato il 911 perché abitiamo vicino a un ospedale. Non sapevo nemmeno come tenerti o come sistemarti nel seggiolino ma sapevo che papà doveva guidare il più velocemente possibile, quindi ti ho chiuso velocemente e sono balzata vicino a te mentre piangevo.
La corsa dell’auto verso l’ospedale è stata la più lunga di tutta la mia vita. Due incroci prima di arrivare sei diventato incosciente. Mi ricordo di aver gridato ad alta voce nella mia testa e all’esterno. Ti ho tolto dal seggiolino e ti ho tenuto il più stretto possibile, gridando al papà di sbrigarsi. Pensavo fossi morto.
Ho visto i segnali del Pronto Soccorso e sono saltata fuori dall’auto con te immobile tra le mie braccia. Ho spinto da parte un uomo anziano con un bastone e ho ignorato la reception, correndo dritta verso le doppie porte gridando in cerca di un medico e che tu eri in shock anafilattico. Un dottore sulla destra si è mosso più velocemente di quanto avessi visto qualcuno muoversi e ti ha dato un colpo che mi ha fatto sussultare e piangere di sollievo. Il mio bambino era vivo. Aveva salvato il mio piccolo.
Il papà ci ha seguiti attraverso le doppie porte subito dopo, tu eri collegato a ogni sorta di monitor e ti stavano dando delle medicine con iniezioni regolari perché il burro d’arachidi che avevi digerito continuava ad attaccare il tuo corpo, ancora e ancora. Diverse forme di orticaria hanno mostrato la loro brutta faccia su tutto il tuo corpo.
Erano nei tuoi occhi e nella tua bocca. Sembravano passate ore da quando ti avevo sentito respirare di nuovo e ho capito che stavo ancora trattenendo il mio.
Tu giacevi sul letto d’ospedale potevo sentire il monitor che suonava dicendomi che il tuo cuore stava funzionando, che i tuoi polmoni stavano respirando e che saresti stato bene. L’infermiera è uscita per prenderti qualcosa e io sono crollata tra le braccia del papà, piangendo senza controllo, le emozioni riguardanti il fatto che ti avevo quasi perso mi avevano colpita.
Sei stato spostato in un ospedale più grande. Non ho dormito per due notti, sono rimasta seduta vicino a te assicurandomi che respirassi. Gli sfoghi cutanei continuavano ad apparire per tutto il giorno seguente ed è stato palese che avevi avuto una reazione allergica al burro d’arachidi. Non mi era concesso dormire con te perché eri attaccato a delle macchine nella tua culla, quindi dovevo guardarti attraverso le sbarre. Mi faceva così male non potermi rannicchiare vicino a te e dirti quanto mi dispiaceva di averti causato dolore.
Il personale dell’ospedale è stato straordinario con te, ma non erano molto inclini verso una mamma sconvolta. Mi hanno dato un foglio sulle allergie e poi mi hanno detto di andare a casa. Ho chiamato papà e gli ho detto di gettare qualunque cosa avesse traccia di burro d’rachidi. Il sedile aveva bisogno di essere cambiato prima di rimetterti lì perché ci avevi vomitato sopra burro di arachidi. Ero spaventata di qualsiasi cosa che potesse toccarti.
Avevo paura di toccare qualcosa e di trasmettertela. Ho trascorso 6 settimane pietrificata a timorosa di uscire di casa con te. E se qualcuno avesse mangiato burro d’arachidi e poi ti avesse toccato? Mi hanno mandata a casa con una EpiPen (un dispositivo medico per iniettare una dose misurata di epinefrina, conosciuta anche come adrenalina in caso di shock anafilattico) che ha reso tutto più reale e spaventoso. Sono stata paranoica su tutto quello che ti ho dato da mangiare per mesi.
Sei tornato a essere un bimbo felice, sano, vivace. Non hai capito cosa ti stava per capitare. Cosa ti era successo. La tua vita è proseguita come sempre, nei tuoi occhi. Ma io ero cambiata per sempre.
Quando succede qualcosa di simile, di inaspettato, ti cambia in modi diversi. Ho avuto difficoltà a parlarne fino adesso. Un giorno che mi ha trasformata in una mamma paranoica secondo gli standard.
Coloro che hanno figli con gravi allergie possono entrare in sintonia, ora lo so, dopo anni in cui sono stata sola, a tutto questo. Non posso portare mio figlio da nessuna parte senza l’ansia di quel giorno che galleggia dentro di me anche dopo 4 anni. Le feste dei bambini mi fanno sudare e se mi conoscete sapete che non sudo mai. Non lascio che nessun altro prepari il pranzo di mio figlio (la scuola adesso è un’eccezione e ho impiegato mesi ad abituarmi, mi fa ancora paura), ma sono l’unica che l’abbia sfamato mentre stava crescendo. Questo è quasi ironico perché è stato per colpa mia che ha avuto uno shock anafilattico. Ogni giorno ho paura di ricevere una telefonata dalla scuola che mi dice che ha mangiato qualcosa che non doveva e che è accaduto qualcosa di brutto.
La sua allergia ora è lontana un miglio, ho imparato ad essere un genitore diverso con mia figlia, che non ha nessuna allergia. La vita con un bambino che soffre di allergie è completamente diversa. Non dovete proteggerli da bozze e tagli, ma ogni persona che viene in contatto con loro è un rischio. Chiunque intorno a lui potrebbe fargli del male. I giochi con cui altri hanno giocato potrebbero avere tracce di cose che potrebbero fargli del male. Si tratta di un ciclo di paranoia che non finisce mai.
Sono diventata una professionista a leggere le etichette e ad osservare segnali di difficoltà se ha ingerito cose che non dovrebbe. Devo fare più attenzione a lui rispetto a mia figlia soprattutto quando siamo fuori e c’è del cibo intorno.
Ho dovuto parlare di lui a ogni genitore a scuola così che possano tenerlo d’occhio anche loro. Ora sta raggiungendo l’età in cui posso spiegargli le cose e aiutarmi a fare attenzione, ma sono ancora spaventata.
Ho incubi su di lui che va di nuovo in shock anafilattico, ancora. Salto quando il cellulare squilla durante le ore di scuola pietrificata che siano loro a chiamarmi. Spero che con gli anni diminuisca, ma mi preoccupo che se mi rilassassi troppo succederebbe di nuovo. Mi assicuro che le EpiPen siano a portata di mano, aggiornate, che sappiamo come usarle, anche gli amici e i nostri parenti.
Qualche volta mi arrabbio e desidero di aver saputo di più sulle allergie e sui pericoli del cibo mentre lo svezzavo. Noccioline e uova incluse, perché sono quelli che danno maggiori problemi. Ero senza alcun indizio, un neogenitore che voleva solo condividere il suo amore per il burro d’arachidi e la gelatina. Un panino che non ho mai più toccato. Se pensate che il vostro bambino possa avere un’allergia fatelo controllare. Io non lo sapevo ma mio figlio aveva un aczema e asma infantile, mi hanno detto che questi sono segni che possono indicare che i bimbi hanno allergie al cibo. Non dico che tutti i bambini che hanno entrambe ce l’abbiano, ma siate consapevoli della possibilità e fateli controllare.
Meglio al sicuro che dispiaciuti.
Non c’è niente di più spaventoso che vedere i vostri bimbi diventare blu, vederli soffocare in cerca di aria sapendo che non potete fare niente per loro.
Il dolore che lacera il tuo corpo, la stretta della tua gola nel petto mentre trattieni il respiro in attesa che loro lo facciano da soli è qualcosa che ti cambia, rimane per sempre con te. Se la mia esperienza può aiutare qualcuno ad essere cauto riguardo le allergie da cibo durante lo svezzamento, allora sarà stato utile riviverlo e condividerlo con voi.
Unimamme cosa ne pensate della storia di Jenny? I vostri figli hanno mai avuto allergie alimentari?
Noi vi suggeriamo di leggere di uno studio che suggerisce come prevenirle.
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