Mia madre gestiva il bar del paese e prima che uscissi di casa per andare in giro con gli amici, mi diceva sempre: “Ricordati che se combini qualcosa, io lo vengo a sapere prima che tu torni a casa”. Ed era così. Mia madre e mio padre sapevano sempre tutto, anche se io non dicevo loro niente. Ma questo è un ricordo che appartiene al passato, perché oggi non è più così.
Le famiglie sono sempre più isolate, chiuse dentro sé stesse, desiderose solamente di tornare a casa e rimanerci, dopo una lunga giornata di lavoro. Le abitazioni, che siano case a schiera o appartamenti di un condominio, si riducono a semplici “piccionaie”, chiuse e focalizzate all’interno, portando alla conseguenza di non conoscere nemmeno il vicino di casa che si fa finta di non vedere quando lo si incrocia per il viale o per le scale di casa. Oggi, nell’era della comunicazione, in cui con pochi click si può comunicare direttamente con l’altra parte del mondo, non si riesce a parlare con le persone che sono più vicine.
Si potrebbe obiettare che ognuno gestisce le proprie amicizie come meglio crede, giustamente, senza rendersi conto che questo atteggiamento ha delle grosse influenze sulla vita familiare, specialmente se si tratta di coppie di neo genitori.
Parliamo di quelle coppie che, sempre più di frequente, hanno cambiato città o addirittura stato, abbandonato la sicurezza della realtà natale, perdendo il calore dei parenti e degli amici, alla ricerca di una situazione lavorativa che permetta loro di vivere, mettere su casa e famiglia, ma poi si trovano isolati in una vita straniera. Un lavoro stancante, una vita veloce portano le persone a rinunciare ai rapporti umani. Così, quando arriva un figlio, magari il primo, bisogna gestire tutto da soli. Un peso molto grande da portare.
Le coppie di neo genitori potrebbero pensare di dover dimostrare di riuscire nella nuova vita che è iniziata per loro, guardando magari alle altre coppie già con qualche anno d’esperienza alle spalle. Si caricano quindi di una solitudine, di un isolamento dalla realtà esterna, desiderosi di voler gestire il nuovo ruolo da soli. La situazione è ancora più grave se accanto non si hanno i nonni a dare supporto.
Non si considera che una volta, ad esempio, dopo il parto, la neo mamma restava a casa con il figlio appena nato, curata e assistita da tutte le donne della famiglia per qualche mese (da qui è nato il termine “quarantena”). Queste donne si occupavano dei pasti, della pulizia della casa e della gestione della famiglia, così che madre e figlio potessero pensare solamente a conoscersi, capirsi e instaurare un rapporto.
Impensabile fare una proposta di questo tipo oggi, dove le mamme dopo il parto vogliono o sono costrette a ricominciare il prima possibile a lavorare. La vera domanda però è: perché?
Perché ci siamo ridotti a rinunciare a questo tipo di relazioni verso l’esterno? Perché ci isoliamo dagli altri? Perché dubitiamo del prossimo, chiudendo quella porta che porterebbe a conoscersi semplicemente meglio? Non si pensa che un bambino ha bisogno anche di questo tipo di relazioni per crescere. Persone diverse dal nucleo familiare, con opinioni, pensieri, sogni, esperienze variegate. Persone che se venissero ascoltate, fornirebbero un diverso punto di vista, contribuendo alla formazione del carattere.
Attenzione, non stiamo affermando che bisogna aprire al prossimo così da avere un aiuto. Il sostenersi a vicenda, la disponibilità e la gratuità dell’aiuto, sono atteggiamenti che nascono spontaneamente quando si instaura un’amicizia, anche solo leggera. Bisogna farlo per sé stessi in primis. Perché parlare alleggerisce il cuore e sapere di potersi fidare di chi si ha intorno ci fa vivere più tranquilli.
E anche se non vi rivedete in questa descrizione, non smettete di guardarvi intorno, perché accanto voi, potrebbe proprio esserci chi invece vive un a tremenda solitudine nella propria famiglia.
Cosa ne pensate unigenitori? Vivete isolati o aperti al mondo?
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