Nei libri per bambini, queste due pratiche si fondono insieme, creando un mondo meraviglioso, dove i bambini amano perdersi. Basti pensare alle ore che passano a disegnare o la tranquillità che si può veder brillare nei loro occhi quando ascoltano leggere una storia. Ma come poterli guidare affinché possano sfruttare gli input della lettura e trasformarli in creatività nel disegno?
Sulla creatività dei bambini, già il pedagogista Ken Robinson aveva espresso il suo parere. Oggi ascoltiamo uno scrittore di libri per bambini particolare, un po’ stralunato ma molto creativo, che ci parla del rapporto tra bambini e arte.
Oliver Jeffers è un autore di libri per bambini molto conosciuto. Vive a New York e le sue opere si contraddistinguono per dei disegni dal tratto particolare e assolutamente originale. In questo momento è uno degli autori più ricercati, tanto che le sue ultime opere, Once Upon An Alphabet, The Day The Crayons Quit e The Day The Crayons Came Home, risultano nella classifica dei bestsellers del New York Times. Insomma, un astro nascente della narrativa e dell’illustrazione per l’infanzia.
Jeffers ha deciso di parlare della sua arte in modo poco accademico. Per lui, molto sinteticamente, le regole della tradizione pittorica non andrebbero usate. Il suo processo creativo, infatti, non parte da una base reale, come lui stesso ci spiega: “Diciamo che sto disegnando un animale o qualcosa del genere. Quello che faccio è attingere alla mia memoria senza osservare il soggetto. Penso che a volte si realizza qualcosa di molto più interessante se si parte da un’idea piuttosto che da una rappresentazione fedele”.
Facciamo largo alla fantasia, sbarazziamoci delle nostre idee preconcette e realizziamo solamente ciò che abbiamo in testa. Perciò, la prossima volta che vostro figlio disegna un aquila verde con la proboscide sott’acqua, non siate repressivi, lasciatelo libero di reinterpretare la realtà come meglio crede.
Jeffers, però, racconta di aver prima di tutto compreso le basi. Quando era piccolo, infatti, era solito ricopiare i fumetti che acquistava, assimilando lo stile degli autori che più apprezzava, in modo particolare Asterix. In più, era solito tracciare i contorni delle fotografie che venivano stampate sulle pagine dei quotidiani del padre. Questo esercizio “Mi ha dato il senso di come disegnare con un approccio più realistico, figurativo, e ha contribuito alle sfumature e alla composizione”.
Ma allora bisogna rispettare regole e tecniche pittoriche, seguendo la strada che altri artisti hanno già percorso?
I nostri figli, per diventare grandi artisti, dovranno studiare ed esercitarsi ore ed ore sui grandi maestri pittorici, ascoltando con attenzione le lezioni impartitegli alla scuola d’arte?
Jeffers afferma esattamente il contrario. “Moltissime abilità tecniche si possono imparare autonomamente. Se vuoi imparare a utilizzare colori ad olio, ci sono libri. Lo stesso con gli acquerelli. La maggior parte è sperimentare e capire cosa ti piace fare con loro. Esplorare i mezzi per le vostre esigenze, piuttosto che attenersi strettamente a come si suppone debbano essere utilizzati”. Quindi comprendere i mezzi e le tecniche solamente allo scopo di carpire ciò che è importante per lo stile che ognuno svilupperà in seguito, e non come via da seguire ciecamente.
Insomma, bisogna sentirsi liberi di poter utilizzare gli strumenti che ci vengono forniti, volendo in modo errato. Anche perché, prosegue l’artista, la bellezza e il fascino di un’opera d’arte “deriva dalla sua imperfezione, quella parte di umanità che viene instillata in un pezzo d’arte o in un disegno”. Lui stesso cerca di eliminare quei vincoli assimilati durante gli anni di studi.
Parlando del suo processo artistico, Jeffers afferma che “Ogni volta che ho lasciato la mia mano disegnare ciò che voleva, si sentiva naturale e a suo agio. Non c’è mai stato il desiderio di una resa perfetta.”.
A volte, però, non è facile. Soprattutto dopo anni di scuola d’arte, in cui si incamerano meccanismi e tecniche assodate nei secoli, dagli artisti che ci hanno preceduto. Per un bambino, però, non è così. La sua mente è sgombra dai paletti imposti e libera di sperimentare e testare nuove vie che la sua mente gli ispira.
Si può quindi affermare che è più difficile per un adulto disegnare come un bambino di quanto lo sia per un bambino disegnare come un adulto. Lo stesso Jeffers, parlando della sua opera The Day The Crayons Quit, ci confida che “Una volta che si impara correttamente come fare qualcosa, è molto difficile disimpararla. Ho fatto un mucchio di disegni di quello che ho immaginato potesse piacere a un bambino, per poi decidere di osservare alcuni bambini di 5 anni mentre disegnavano. Mi resi conto che quello che stavano facendo era molto più interessante di quello che avevo realizzato io. Decisi di impiegare alcune delle loro tecniche”.
Bambini che insegnano a professionisti? Sembra quasi uno scherzo. In realtà, l’artista ci da una spiegazione sensata. “Nei bambini molto piccoli c’è una mancanza di preoccupazione per ciò che pensano gli altri, quindi non ci sono errori. I bambini più grandi, invece, hanno la consapevolezza del contesto e questo accade quando iniziamo a mettergli pressione. La libertà, che va di pari passo con l’indifferenza, porta a lavori molto più interessanti”.
Insomma, piena libertà d’azione durante l’arte del disegno, cancellando la parola “errore” dal nostro vocabolario. Fateli sperimentare, giocare con il disegno, utilizzando tutto ciò che ritengono possa essere utile per esprimere ciò che hanno dentro. L’assenza di preconcetti, limitazioni sia concettuali che tecniche, libererà la loro creatività, aprendovi anche una porta sulla loro interiorità. In definitiva, anche se i nostri figli non diventeranno grandi artisti, si divertiranno comunque moltissimo nel farlo.
Nel frattempo, se volete saperne di più su Oliver Jeffers e sul suo processo creativo, vi lasciamo con un video molto divertente.
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