Dopo anni di discussioni, di rinvii e di sottovalutazione del problema, è riconosciuto dalla legge il reato di omicidio stradale.
Un processo di responsabilizzazione per chi guida in stato di ebbrezza, sotto gli effetti di stupefacenti, e per tutti coloro che prendono le nostre come fossero delle piste da gran premio.
Finalmente vengono predisposte pene detentive per l’omicidio stradale. Con 149 voti favorevoli, 3 contrari e 15 astenuti è stato approvato a Palazzo Madama (il Senato) il testo approvato a Montecitorio, e per il quale il Governo aveva posto la questione di fiducia.
Con le nuove normative, chi si mette al volante
rischia fino a 12 anni di detenzione tramite le aggravanti per il mancato soccorso e la fuga dal luogo dell’incidente la guida senza patente.
L’automobile viene infine trattata per quello che è: un’arma. Sì, una potenziale arma, alla stessa stregua di una pistola carica, e con il colpo in canna aggiungeremmo. Mettersi alla guida significa portare quintali di materia sulle strade; lamiere, plastica e gomma. Basti pensare che se una persona viene colpita da una vettura a 50 km orari è come se cadesse dal terzo piano di un palazzo. Per poter fermarsi a quella ” modesta” velocità, servono circa 30 metri e le possibilità che ci si possa salvare sono del 50%.
Nel nostro paese, sono oltre 180 mila gli incidenti stradali ogni anno. Oltre 260 mila i feriti e 3 mila i morti. Una mattanza come in una zona di guerra.
Fino a che non venisse approvata questa legge le pene erano minime. Multe e patteggiamenti erano il massimo dell’espiazione per i colpevoli, anche di fronte ai decessi delle vittime di incidenti stradali.
Chi beve o si droga sa che, mettendosi poi alla guida, può causare incidenti e quindi non può cavarsela con poco. E questo può sicuramente aiutare nell’educare i nostri giovani, ancora inesperti, ad una guida sicura e rispettosa degli altri.
Comunque, anche questa nuova legge è oscurata da qualche ombra, come nel caso in cui la pena viene dimezzata quando risulta il concorso colposo della vittima. Se un bambino attraversa senza guardare è concorso colposo, ad esempio. Immaginiamo, in un processo del genere, i mille cavilli a cui gli avvocati della difesa si aggrapperanno. Ma chi si mette alla guida in stato di alterazione, o guida a velocità sostenute in centri abitati, non può avere attenuanti.
In questo Paese l’utilizzo della macchina andrebbe disincentivato. Ma anche per fare piccoli spostamenti ci si affida alle quattro ruote. Inoltre i mezzi pubblici, in realtà come a Roma, sono inefficienti e le piste ciclabili sono rare come un Gronchi Rosa. E allora la macchina diventa il mezzo principe.
E voi, cari Unigenitori, come lo vedreste un mondo con più due ruote senza motore nelle città?
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