Abbiamo spesso parlato del fatto che la gentilezza è fondamentale, e quanto sia importante insegnarla ai bambini che devono imparare che occuparsi dei bisogni altrui è una priorità. Certo la società con i suoi messaggi non aiuta, ed infatti il problema è proprio questo.
Ma non ovunque e non sempre la società è stata veicolo di diffusione di interessi egoistici.
Se ne accorse 100 anni fa un antropologo studiando una società aborigena, come leggiamo nell’avvincente racconto di Marino Niola su Vita.
Il dono può essere alla base della società
L’antropologo Malinoski scoprì cent’anni fa una società aborigena fondata sulla generosità. Vivendo per un lungo periodo con loro riuscì a scoprire perché il .
La storia è ambientata dall’altra parte del mondo, e i protagonisti sono gli aborigeni delle isole Trobriand. Il dono, per queste tribù, è anche alla base della loro dottrina politica.
A scoprirne i segreti fu Bronislaw Malinowski esimio antropologo polacco che insegnava alla London School of Economics. Lo studioso si trovava in Australia quando l’arciduca erede al trono di Austro-ungarico, Francesco Ferdinando, e consorte Sofia, duchessa di Hohenberg, vennero uccisi dal terrorista bosniaco Gavrilo Princip, dando così il via alla Prima Guerra Mondiale.
Essendo cittadino austriaco di un paese nemico, doveva essere internato in un campo di prigionia da parte delle autorità australiane. Ma il giovane antropologo riuscì a convincere le autorità a farsi confinare nell’arcipelago delle isole Trobriand, le attuali Kiriwina, tra la Nuova Guinea e le isole Salomone dove non c’era il rischio che fuggisse.
Malinowski fu subito colpito da un’usanza che ai suoi occhi, grazie ad una cultura economico politica occidentale, risultava priva di qualsiasi logica: gli indigeni si imbarcavano per lunghe ed estenuanti traversate oceaniche, pieni di rischi mortali, a bordo delle loro piccole piroghe per portare doni agli abitanti di altre isole. Una generosità incomprensibile, che non portava vantaggi apparenti per giustificare tutto quel rischio.
L’incoscienza sembrava l’unica risposta plausibile per affrontare oceani in tempesta, per portare monili senza valore in dono ad altri indigeni. E sempre questa bigiotteria, fatta con le conchiglie, veniva a sua volta regalata dai destinatari ad altre tribù di isole limitrofe. E così via, in un giro infinito.
Un circuito di scambi che veniva denominato Kula. Un circolo apparentemente vizioso, poiché il ciondolo sarebbe prima o poi tornato nelle mani del primo proprietario, con una sorta di effetto boomerang. Ma mentre per noi occidentali può sembrare una sorta di riciclo di un regalo non gradito, per gli appartenenti a queste tribù, gli oggetti in questione, assumevano un valore aggiunto ad ogni passaggio di consegna. Aumentavano di prestigio, un valore che noi stimeremmo come un pedigree.
Malinowski descrisse questa usanza e tutto quello che ne conseguiva in un libro “Gli Argonauti del Pacifico Occidentale“. Gli economisti del tempo appresero quanto accadeva nelle isole di Trobriand e giunsero alla fin troppo superficiale conclusione che si trattasse di comportamenti e usanze dettate dall’irrazionale, vere e proprie assurdità.
Malinowski non rimase sorpreso dalla reazioni dei grandi economisti e rispose colpo su colpo agli attacchi fornendo le ragioni della Kula: tutta quella fatica non era profusa per il valore materiale di quegli oggetti, bensì per il valore di scambio, fondata soprattutto sulle alleanze e società prodotte da quel circuito di reciprocità. Tribù lontane, potenzialmente nemiche, partecipavano a questo rito creando un contratto sociale a cui nessuno trasgrediva, una vera e propria rete di relazioni sovralocale dalla quale non si usciva mai. Infatti i Trobriandesi dicevano con orgoglio che “L’appartenenza al Kula è per sempre”.
Non pensate che raccontare questa storia ai vostri figli potrebbe dar loro un motivo in più’ per essere generosi?
In fondo, cari unigenitori, se ci pensate anche nelle nostre piccole azioni la generosità è qualcosa che ci pone bene nei confronti delle altre persone, che fa nascere amicizie basate su fiducia e reciprocità. E se vale nel piccolo, perché non dovrebbe valere su larga scala?