Leggere si sa stimola il cervello. Oggi psicologi e neuroscienziati affermano con certezza che leggere romanzi trasforma il nostro cervello, e noi con lui, in modo permanente.
Leggere romanzi ci immerge in altri mondi, in altre vite. Ci stimola la fantasia e attiva le emozioni. E questo, forse, già lo sapevamo .
Nel 2006 ricercatori nel campo della psicologia e della neuroscienza hanno scoperto anche un’altra verità. Leggere romanzi cambia il nostro cervello in modo permanente: attiva le aree di Broca e di Wernicke, quelle deputate alla comprensione del linguaggio.
Se leggiamo sostantivi come “rosa” o “rosmarino” non si attivano solo le aree verbali, ma anche quelle che si occupano al riconoscimento degli odori. E riusciamo ad accompagnare le nostre emozioni in modo sempre più coinvolgente.
Ulteriori e recentissimi studi provano, inoltre, che la corteccia sensoriale, connessa alla percezione tattile, si attiva non solo in presenza di reali sensazioni, ma anche in conseguenza di una metafora tattile come “animo focoso” o “voce cavernosa“. E qualcosa di analogo accade nella corteccia motoria leggendo periodi in cui si descrivono azioni ” Andrea corre in un prato fiorito “. Una mente allenata riesce a immedesimarsi fino a percepire i movimenti fisici e mentali. E non finisce qui.
La rivista Psychlogy Today cita una ricerca italiana, e qui viene evidenziato come i ragazzi che si dilettano nella narrativa siano molto più empatici, compassionevoli e tolleranti, oltre che più immuni dai pregiudizi.
Si evince inoltre che leggere storie a bambini di 3-5 anni ha un effetto significativo sullo sviluppo cerebrale e sulle competenze sociali.
Invece guardare troppa televisione sembra che sortisca l’effetto contrario.
Leggere romanzi di narrativa migliora la capacità di scoprire e capire le emozioni altrui, e per farlo noi costruiamo quello che in psicologia viene definita Teoria della Mente (o metacognizione). Il grado di competenza nel capire gli altri, e se stessi, inoltre, migliora in chi legge buona letteratura e non romanzi d’intrattenimento.
Sul Guardian i ricercatori David Kidd ed Emanuele Castano rafforzano il concetto, dichiarando che i romanzi dei grandi autori ” costringono” il lettore ad affrontare nuovi contesti, prendere posizione, metabolizzare il messaggio e condividerne o meno le conclusioni, capire nuovi punti di vista. Interpretare e fare propria la storia. Praticare la “deep reading” (lettura profonda) significa questo.
Infine secondo Maryanne Wolf, del Center for reading and language research, praticare la lettura su schermo, anziché sul cartaceo, comporta una velocità maggiore che non comporterebbe la dovuta profondità, con cui il nostro cervello trarrebbe i benefici succitati.
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