Questo tipo di atteggiamento si sviluppa soprattutto tra genitore e figlio dello stesso sesso, quasi fossero delle piccole copie di noi stessi, come se facessimo un salto nel passato per poter prenderci la nostra rivincita e realizzare quei piccoli nei che certe volte oscurano la bellezza delle nostre esistenze. Accade così che bambini vengano costretti a giocare a calcio con allenamenti intensi o bambine siano costrette a seguire lezioni di danza classica a cui non sono appassionate. Bisogna dire anche che, questo tipo di atteggiamento è rintracciabile sopratutto negli uomini. Dopotutto il maschio ha bisogno di sentirsi superiore, migliore, posseduto da una psicologia basilare e animalesca che lo porta a desiderare di spiccare in mezzo al branco per diventare il maschio alpha. Un atteggiamento che, nonostante mio figlio abbia solamente un anno, inizio a sviluppare anche io.
Il ruolo del padre, nella pedagogia, è quello di guida nel mondo esterno. Adesso che Giacomo inizia a crescere, sviluppando una sua caratteristica personalità, una sua fisicità, le cose da fare insieme si moltiplicano ogni giorno di più. Ama il rumore e sbatte costantemente ogni tipo di oggetto su qualsiasi superficie abbia alla sua portata. Fortunatamente, non è un’amante della televisione ma adora la musica. Quelle poche volte che abbiamo visto la TV con lui, in particolari situazioni per farlo stare tranquillo, come quando dobbiamo fargli l’aerosol o misurargli la febbre, siamo costretti a mettere su canali musicali (per bambini naturalmente!) perché se mettiamo un cartone animato, ascolta la sigla della puntata e poi smettere di avere interesse per la storia. Cosa che non è positiva, sopratutto in quelle situazioni in cui deve rimanere assolutamente immobile.
È alto e grande per la sua età e perciò si muove con una particolare forza a cui non siamo ancora abituati. È curioso e attento e non si perde nulla di ciò che gli accade intorno, sempre pronto ad osservare cosa o chi si muove intorno a lui. Poi è ostinato e testardo. Quando decide di volere qualcosa che non può, non fa i capricci. È più una presa di posizione da cui nulla lo fa smuovere, se non lo spostarsi della sua attenzione su altro d’interessante. Insomma, un bel tipetto!
Quando osservo mio figlio di un anno che gioca con le costruzioni, lo vedo già adulto e di successo. Sorrido e mi ripeto che quelli devono essere pensieri comuni a tutti i genitori, che desiderano solo il meglio per i propri figli. Poi mi blocco per un’istante. Mi rendo conto che ciò che sto immaginando non sono attività casuali o modellate in maniera specifica sulle sue caratteristiche. Tutto ciò che immagino per lui sono i sogni che ho buttato nel cassetto per seguire altre strade o che ho abbandonato per mancanza di tempo e fiducia in me stesso. E provo un po’ paura. Rabbrividisco all’idea di diventare uno di quei papà che imprecano alle partite dei figli di 10 anni, agitandosi e insultando tutti come se stessero giocando una finale dei mondiali. Mi fermo e lo guardo preoccupato. Dopotutto è facile cadere in queste trappole che la psicologia e l’emotività tendono. Giacomo, quasi volesse rispondere ai miei interrogativi, si volta verso di me, mi guarda e sorride, semplicemente felice. In quell’istante decido che non avrà alcuna importanza cosa deciderà di fare, l’importante è che continui ad avere quel sorriso luminoso, felice di fare quello che ha deciso di fare. Lui, come premio per i miei pensieri umili, lascia le costruzioni e si dirige verso i suoi libretti. Prende il suo preferito e inizia a sfogliarlo goffamente e disordinatamente. Capisco allora cosa dovrò fare per lui. Il mio compito non sarà quello di spingerlo verso i miei sogni infranti, ma condividere con lui i traguardi raggiunti e le passioni coltivate nella mia vita, proprio come quella della lettura. Donargli solo il meglio di ciò che ho raggiunto, dimenticando i rimorsi, così che anche lui possa maturare le sue personali passioni, fissare i suoi obiettivi e anche affrontare la sua dose di delusioni e rimpianti, che servono comunque a crescere e a maturare. Io sarò comunque al suo fianco, per aiutarlo lungo la sua strada, quella che sceglierà autonomamente, tendendogli la mano quando cadrà e applaudendolo quando supererà i suoi limiti. Nel frattempo, aspettando questi momenti, gli donerò semplicemente il meglio di me. Perciò, mi avvicino e mi siedo accanto a lui, per sfogliare e leggere insieme il suo libro preferito.
Certe volte i difetti dell’uomo si approfittano dell’amore di un padre e tentano di cambiare atteggiamenti e relazioni, trasformandoli in azioni egoistiche. Ciò che un genitore dovrebbe sempre ricordare che fare un figlio non vuol dire acquistare una seconda opportunità, ma regalare la possibilità di tante prime esperienze. A noi non resta altro che dargli la possibilità di viverle, sognando per lui solamente il meglio e aiutandolo a raggiungerlo. Nel frattempo, continuiamolo a osservare mentre gioca, potrebbe già dirci molto sul suo futuro.
Voi unigenitori, cosa sognate per i vostri figli?
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