Care unimamme, torniamo a parlare di morte perinatale, perché pur essendo un tema doloroso, fa parte del vissuto di molte mamme e perché speriamo che parlarne possa contribuire ad informare le mamme per prevenire eventuali cause riconoscibili.
Questo è l’intendo di Laura Monks è una mamma che ha da poco ottenuto 40 mila sterline di risarcimento da parte dell’ospedale inglese dove ha partorito il suo secondogenito, un piccino che purtroppo è nato morto o subito dopo il parto.
Nel 2007 questa mamma ha avuto il primogenito Darcy, un bimbo sano venuto alla luce con taglio cesareo.
Elettrizzata dall’esperienza di maternità Laura, nel 2011, è rimasta nuovamente incinta. Il suo consulente per la maternità le aveva raccomandato un parto naturale dal momento che il piccolo non era grande.
Alla 34° settimana di gravidanza si è però scoperto che il bimbo si presentava in posizione podalica, quindi la consulente ha provato a girarlo mentre era ancora nel grembo della mamma.
Bambino muore per un errore ospedaliero ma nessuno parla
La procedura di capovolgimento è andata a buon fine, ma il bimbo si è girato dopo poco e quindi la consulente ha provato una seconda e una terza volta.
“E’ stata molto brusca, nel girare il bambino e io ero preoccupata per il mio bimbo, per me è stato doloroso e temevo che lo fosse stato anche per lui” ha raccontato la mamma.
Successivamente Laura non ha più sentito il figlio muoversi ed in ospedale i medici le hanno detto che il bambino sarebbe dovuto nascere quel giorno con parto cesareo.
“Non c’è stato panico o un’emergenza. La consulente mi ha detto che detto che doveva uscire a cena e che l’avrebbe fatto nascere dopo. Mi ha detto di fare una doccia. Stavo piangendo perché qualcuno mi ascoltasse. Il mio bambino non si stava muovendo e ho pensato fosse un’emergenza”.
Il figlio è venuto alla luce 4 ore dopo il suo arrivo in ospedale ma non rispondeva a nessuno stimolo e così i medici hanno provato a rianimarlo.
“Ero isterica, piangevo e pregavo Reuben di respirare. Peter e io siamo stati messi in una stanza a parte e lasciati ad attendere”.
Un’ora dopo ci hanno detto che il bimbo era morto. Dopo mezz’ora i medici sono anche riusciti a far partire il cuore, ma è durato pochi minuti.
“Ero distrutta. L’ho tenuto in braccio per tutta la notte e il mattino successivo. Somigliava tanto a Darcy, il mio primogenito. Abbiamo dovuto lasciare Reuben in ospedale e ho sentito come se una gran parte di me fosse morta con lui. Sono diventata una donna completamente diversa”.
“Nessuno ha suggerito che potessi fargli il bagno o vestirlo. Nessuno mi ha detto che avrei potuto portarlo a casa per dirgli addio. Era come se mi volessero fuori di lì il più in fretta possibile e senza fare storie”.
Laura racconta che sono tornati a casa e hanno dovuto dire a Darcy di 4 anni che il suo fratellino non sarebbe potuto venire a casa.
Nessuno però ha detto ai genitori di Reuben quali fossero state le vere ragioni della morte del bimbo, nessuna spiegazione, hanno detto solo che era “una di quelle cose“.
“Così io ho incolpato me stessa. Ho pensato che fosse stato il mio corpo ad aver causato tutto ciò, il mio corpo lo aveva ucciso. Ho cominciato a preoccuparmi di essere una cattiva mamma, di non riuscire ad occuparmi di Darcy. Ogni volta che prendeva la tosse o il raffreddore pensavo fosse in pericolo di vita”.
Questa mamma era precipitata in un incubo fatto di depressione e insicurezza.
L’anno seguente Laura è rimasta nuovamente incinta, ma temeva di poter perdere anche questo bambino come era successo con Reuben.
“Dal momento che non avevo trovato nessun motivo per la morte di Reuben non riuscivo a capire come fare per impedire che accadesse di nuovo. Ho pensato che il mio corpo mi avrebbe deluso di nuovo”.
Sia lei che Peter avevano deciso di non dire niente al figlio Darcy per non ferirlo in caso qualcosa fosse andato storto.
“Sarebbe dovuto essere un periodo felice, ma è stato tremendo per tutti quanti”.
Dato lo stress Laura ha messo al mondo la figlia Niamh con 4 settimane di anticipo, nel febbraio del 2013. La donna non ha detto nulla della gravidanza al figlio maggiore finché la sorellina non è nata in salute.
“Io ero così certa che qualcosa sarebbe andato storto che non gli avevo detto della gravidanza. Anche lui è rimasto devastato quando abbiamo perso Reuben e quindi non volevamo fargli passare di nuovo tutto”.
Non appena ha visto la sorellina in ospedale il piccolo piangendo ha esclamato: “possiamo tenere questa piccola, mamma?”.
Per tutta la famiglia è stato un sollievo poter portare Niahmh a casa ma anche prendersi cura di Niahmh faceva soffrire Laura: “Ogni pietra miliare era sfumata di tristezza, il primo dentino di Niamh, il suo primo sorriso, i suoi primi passi…tutto mi ricordava ciò che avevo perso con Reuben”.
“Ho capito che dovevo avere delle risposte. Per la mia sanità e in sua memoria. Dovevo scoprire come e perché era morto“. Ha quindi contattato i dirigenti dell’ospedale i quali, sorprendentemente, si sono scusati e hanno promesso di cooperare in caso lei avesse intentato un’azione legale.
“Sono rimasta shockata, per tutto quel tempo hanno saputo di aver fatto degli errori, ma a noi non l’avevano mai riferito”.
Le indagini seguenti hanno condotto a una verità veramente sconvolgente:
- la seconda volta che si è tentato di girare il bambino il cordone ombelicale è stato danneggiato
- l’ospedale che in questi casi avrebbe dovuto prevedere un cesareo immediato non ha eseguito il regolamento
- nonostante la sofferenza fetale del bimbo a Laura è stato detto di fare una doccia
- il bambino è stato partorito con il braccio sinistro fratturato
Gli esperti concordano che se Reuben fosse venuto alla luce subito, con un parto cesareo d’urgenza conseguente alla prima manovra non andata a buon fine, sarebbe nato sano.
Per questi motivi a Laura è stato dato un indennizzo di 40 mila sterline.
“Mi ha spezzato il cuore sapere che Reuben sarebbe potuto e avrebbe dovuto essere salvato. Sono stata arrabbiata per 2 anni, mi sono incolpata per la sua morte, mentre i veri responsabili hanno innalzato un muro di silenzio”.
“Voglio che tutte le mamme siano coscienti che hanno bisogno di chiedere e fare domande e di insistere per le risposte. Quando qualcosa va storto, abbiamo il diritto di sapere il perché. Urlate se sentite che qualcosa non va, prima che sia troppo tardi“, questo il messaggio di Laura ed il motivo per cui a distanza di anni ha deciso di pubblicare la foto di Reuben.
“La morte di Reuben ci ha quasi distrutto ma noi crediamo che Niamh sia un regalo di Reuben e per il suo benessere saremo forti, loro sanno di avere un fratello e lui sarà sempre una parte della nostra famiglia“.
Jamie Cruickshanks, avvocato di Laura in questa causa, dichiara: “sebbene sia raro vedere errori medici di questo tipo qui è chiaro che lo staff medico ha fallito nel salvaguardare la vita di Reuben, tutto questo ha avuto come risultato una tragedia non necessaria e anzi evitabile”.
L’ospedale dove si trovava Laura ha poi inviato le sue scuse: “forniamo le nostre scuse più sincere per il trattamento ricevuto nel novembre del 2011. Il trattamento è stato inferiore allo standard atteso dalla signora Monks”.
“Ma questo non cambia ciò che è accaduto a Reuben. Lui avrebbe potuto e dovuto sopravvivere. Nessun denaro riuscirà ad alleviare il nostro dolore“, aggiunge la mamma.
Unimamme, voi cosa ne pensate di questa drammatica vicenda? E dell’accorato appello di Laura circa il fatto di urlare per avere le risposte?
Noi vi lasciamo con la testimonianza di un’altra mamma che ha dovuto affrontare un lutto perinatale.