Ecco come una madre contribuisce alla società: l’importanza delle cure materne

iStock_000048374830_LargeTutti noi genitori prima di diventare madri e padri siamo stati dei figli. Questo è abbastanza ovvio. Ciò che invece spesso non si conosce o riconosce è quello che ci hanno donato con amore incondizionato le nostre madri prima che diventassimo genitori a nostra volta.

Il pediatra inglese e psicanalista Donald Winnicott con i suoi studi sulla relazione madre-figlio ha portato alla luce dei concetti che ancora oggi sono alla base, direttamente o indirettamente, del lavoro di moderni psicanalisti e di testi sulla genitorialità.

I concetti chiave della teoria di Winnicott partono dall’importanza dell’ambiente e del gioco per la crescita del bambino unitamente alle fondamentali cure materne.

Il contributo della madre alla società è immenso ma non deve generare dipendenza

Secondo Winnicott la madre dopo la nascita del proprio bambino si trova in uno stato dissociativo, assolutamente non patologico, in cui è totalmente presa dall’attenzione nei confronti del nuovo arrivato. La madre sarebbe guidata nel dargli le cure necessarie semplicemente dall’amore, non sarà perfetta e non agirà a volte nel migliore dei modi ma sarà comunque indispensabile e determinante per lo sviluppo e la salute del bambino, che crescendo cercherà pian piano la propria indipendenza, magari attraverso oggetti transizionali.

Le due espressioni fondamentali che Winnicott usa per definire le madri sono:

  • madre sufficientemente buona
  • comune madre devota

I due attributi “sufficientemente” e “comune” non vanno assolutamente intesi come una volontà di Winnicott di sminuire il lavoro materno, anzi intende sottolineare la straordinarietà di questo ruolo nella semplicità con cui viene svolto e come l’importanza di ciò che fa la mamma spesso non viene riconosciuta, o almeno non nel giusto modo.

Maria Popova nel suo blog Brainpickings si sofferma a riflettere proprio su un pezzo di Winnicott dal titolo “Il contributo della madre alla società”, originariamente scritto come il post scriptum alla sua collezione di colloqui del 1957, inclusi nel libro ”Sul bambino”.

Winnicott parte dal presupposto che ogni persona ha un debito con una donna, inutile sottolineare chi sia: “Ogni uomo o donna che sia sano di mente, ogni uomo o donna che ha la sensazione di essere una persona nel mondo, e per i quali il mondo significa qualcosa, ogni persona felice ha un debito infinito con una donna.

Winnicott però ci ammonisce su come considerare giustamente questo debito, senza caricarlo di un peso eccessivo che bloccherebbe lo sviluppo sociale. Sicuramente non si tratta di un debito materiale e nemmeno morale. Quello a cui lo studioso si riferisce riguarda la consapevolezza, la capacità di interpretare correttamente i concetti.

Ecco le parole di Winnicott : “Mi sembra che ci sia qualcosa che manca nella società umana. I bambini crescono e diventano a loro volta padri e madri, ma, nel complesso, non crescono fino a conoscere e riconoscere ciò che le loro madri hanno fatto per loro in partenza.
[…]
Non voglio dire che i bambini devono ringraziare i loro genitori per averli concepiti. Sicuramente essi possono sperare che l’incontro originario era una questione di reciproco piacere e soddisfazione. I genitori non possono certo aspettarsi un grazie per il fatto dell’esistenza di un bambino. I bambini non chiedono di nascere”.

Il problema quindi è di coscienza e consapevolezza, si tratta di “conoscere” e “riconoscere” senza nemmeno dover ringraziare per questo e senza avere altri “obblighi”: Non voglio dire che i bambini sono sotto alcun obbligo con i loro padri e le loro madri, perché essi si sono occupati di costruire una casa e di gestire gli affari familiari, anche se può comunque nascere gratitudine. Normalmente qualsiasi buon genitore si preoccupa di dare una casa ai propri figli, per stare insieme e prendersi cura di loro, per fornirgli un ambiente in cui scoprire se stessi e il mondo. I genitori, piuttosto che essere ringraziati, preferiscono vedere i loro figli crescere e diventare genitori a loro volta e costruirsi la propria casa. I ragazzi e le ragazze d’altra parte possono legittimamente incolpare i genitori, quando, dopo averli messi al mondo, non provvedono a fornirgli l’ambiente idoneo a quelle cure di base che gli sono dovute“.

Questo grande impegno nel crescere i propri figli è secondo Winnicott un lavoro che vale la pena di fare e la casa della famiglia in cui si trovano le fondamenta per lo sviluppo fornisce l’unica vera base per la società, l’unica fabbrica per la tendenza democratica del sistema sociale di un paese”.

Ricordandoci però che la casa e la responsabilità sono dei genitori, non del bambino.

Le cure che la “comune madre devota” dona al suo bambino con spontaneità e amore incondizionati sono, secondo Winnicott, un “contributo immenso”, perché sono la base della salute del bambino e della persona che diventerà, quindi sono la base di un benessere sociale.

Un debito interpretato erroneamente porterebbe a delle forme di malessere sociale, andiamo a vedere quali.

Un semplice riconoscimento quindi senza pensare di dover avere chissà quale debito materiale crescendo, perché secondo Winnicott la “dipendenza-debito” è responsabile di alcune delle fratture fondamentali della società, alcune più evidenti come la misoginia e il sessismo, altre più sottili che interessano le norme sociali e i regimi politici.

Winnicott scrive: “Bisognerebbe riconoscere che i nostri ritardi nella società sono dovuti a questa dipendenza, che è un fatto storico nella fase iniziale dello sviluppo di ogni individuo e che, se mantenuta, diventa un blocco sia per il progresso che per la regressione, un blocco che si basa sulla paura”.

Quindi è vero che le cure materne sono fondamentali e che in una prima fase della vita si è dipendenti da esse, ma poi bisogna crescere, prendere atto di ciò che è stato fatto e distaccarsene, per non rimanere in quella paura di cui parla Winnicott, che può assumere diverse forme:

  • paura della donna
  • paura di una donna
  • timore di dominio

Spesso la paura di dominio non conduce le persone a evitare di essere dominati, bensì sortisce l’effetto contrario: “Li attira verso un dominio specifico o scelto”.

La psicologia del dittatore ha messo in evidenza come si cerca di controllare la donna il cui dominio inconsciamente ci incute timore, chiedendo sottomissione totale e amore.

Winnicott invita a diffidare della nostra resistenza abituale a mettere in discussione le nostre convinzioni, facendo eco a Galileo quando parla della follia di credere ai nostri preconcetti. Ci invita a riflettere quando ci ritroviamo a confrontarci con concetti convenzionali convenienti, ma in realtà sbagliati: “Accade spesso che, appena prima della comprensione di un argomento, vi è una fase di negazione, o cecità, o la volontà di non vedere, proprio come il mare si ritira dalle sabbie prima di gettare in avanti l’onda tonante”.

Allora ci lasciamo riflettendo su queste convinzioni e ammonimenti di Winnicot. Quanto fanno le madri, anche se imperfette, è realmente straordinario e più grande di quello che immaginiamo, perché i suoi effetti non si arrestano al nucleo familiare ma si estendono alla società nel suo complesso. Per il bambino che cresce però questi gesti devono essere considerati e devono essere “comuni”, non devono diventare un peso, un debito materiale e morale che blocca lo sviluppo, in modo che il ciclo vada avanti in maniera “semplicemente straordinaria”.

Voi unimamme come interpretate il vostro contributo? Fate riferimento alla vostra famiglia o alla società in generale?

Vi lasciamo a un articolo che spiega quanto è importante curare lo sviluppo emotivo dei bambini nei primi anni di vita.

 

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