Un genitore, quando guarda suo figlio giocare da solo, passare molte ore nella sua stanza e avere pochi amici, tende a preoccuparsi. Anche se in alcuni casi può essere il sintomo di una grande genialità, la paura che il bambino, una volta cresciuto, non sappia relazionarsi con il mondo e si ritrovi totalmente solo, è grande e assolutamente comprensibile. Ciò che non è giustificabile, è la soluzione che alcuni genitori, totalmente in balìa di questi timori o, ancora peggio, sottovalutando l’importanza che ricopre la libertà di un figlio, riescono a trovare: lo costringono ad uscire, relazionarsi, dimostrando come la “cura” può essere peggio della “malattia”. Per fortuna, Oliver ci racconta la situazione da un punto di vista differente, quello del bambino.
Oliver è un bambino un po’ particolare: si sente diverso dagli altri con cui non si trova a suo agio, possiede molti pupazzi e peluche con cui inventa avventure incredibile e meravigliose e si trova bene nel suo piccolo mondo di fantasia, creato da lui stesso. Quando però Oliver è costretto a a uscire dalla sua isola felice, ha spesso paura e si sente totalmente incompreso. Inizia a chiedersi se esiste qualcuno come lui, che prova la sue stesse emozioni e che lo possa comprendere. Un giorno però, mentre sta giocando a tennis da solo, sbadatamente lancia la pallina troppo lontano, fino al cortile della vicina di casa. Il viaggio che lo porterà a recuperarla, sarà un percorso arduo e avventuroso, composto di boschi da attraversare e montagne da scalare, fino a quando, però, fa un incontro inaspettato: una bambina, molto simile a lui per carattere e modi dal nome Olivia. Finalmente Oliver ha trovato qualcuno come lui, un’amica con cui condividere passioni e fantasie e con sui poter affrontare quella bellissima storia che è la vita.
Oliver è il capolavoro di Birgitta Sif ed edito da Valentina Edizioni. Un libro adatto a bambini dai 6 anni in su, sia per il tema trattano che per lo stile generale, poco adatto ai bambini più piccoli. Le illustrazioni, infatti, possiedono colori spenti e non vivaci, perfettamente in linea con il carattere del protagonista, che però non influenzano minimamente la bellezza della storia. Lo stile dei disegni rimane comunque adatto a un pubblico di bambini che ne sapranno apprezzare la composizione di immagini. Piccole illustrazioni descrittive del testo, infatti, si alternano a quelle che riempiono due pagine. Le scritte realizzate con lo stesso stile della storia, rimangono poco ingombranti, per lasciare spazio alla bellezza dei disegni. Anche se lo stile generale può apparire piuttosto in sordina e decadentista, l’autrice inserisce una deliziosa nota ironica che rende semplice parlare di temi delicati trattati.
Oliver, infatti, si prefigura come la celebrazione del non conformismo e della ricerca autonoma della propria strada, insegnamenti fondamentali non solamente per i bambini ma anche per tutti gli adulti. Il libro, infatti, si presta molto bene a parlare di molteplici temi che spesso angosciano più i genitori che i figli, come l’isolamento, la diversità, l’antisocialità, fino ad arrivare all’autismo. Allo stesso tempo, però, parla anche di amicizia e scoperta di sé, di libertà di scelta e di azione. Oliver, infatti, in maniera autonoma si rende conto di essere solo e, improvvisamente, senza essere costretto dai suoi genitori, si avventura fuori, da solo, scoprendo quanto può essere bella l’amicizia. Importante vedere anche come la fantasia tanto coltivata all’interno delle mura domestiche, si rilevi un’ottima spalla su cui appoggiarsi per vivere all’esterno, così spaventoso per Oliver, portandolo a scoprire e superare i propri limiti. Il punto di forza del libro, però, sta nel concetto nascosto nel finale: Oliver non smette di essere introverso, non cambia totalmente il suo carattere, rimane com’è e come è sempre stato. Semplicemente trova qualcuno come lui che vede la vita nello stesso modo: Olivia.
Perciò, la prossima volta che vostro figlio si chiude in camera per giocare da solo, non fatelo sentire diverso e inadatto costringendolo ad uscire in giardino o tempestandolo di domande per sapere se c’è qualcosa che non va. Per il bambino, così come per Oliver, semplicemente è più divertente giocare in quel modo. Il compito del genitore è semplicemente quello di accettarlo, restando al suo fianco per quando si sentirà pronto ad affrontare i suoi limiti e provare qualcosa di diverso. Coe andare a prendere una palla dall’altra parte della recinzione.
I vostri figli, unigenitori, come giocano?