A volte l’uso improprio o eccessivo si mezzi che riteniamo utili per la nostra salute e quella dei nostri figli può produrre l’effetto contrario. Torniamo a parlare dell’abuso e della mancanza di regolamentazione nella somministrazione di antibiotici negli ultimi decenni, che ha portato allo sviluppo e alla diffusione di batteri antibiotico-resistenti. A lanciare l’allarme è la Società Italiana di Neonatologia (SIN).
E’ vero che le infezioni costituiscono una delle principali cause di mortalità e morbilità in epoca neonatale infatti:
- ogni anno nel mondo oltre un milione di neonati muoiono per gravi infezioni
- nel 2012 quasi sette milioni di neonati sono stati sottoposti a trattamento per patologie infettive batteriche.
L’arma più efficace a nostra disposizione per limitare le conseguenze a volte devastanti delle gravi infezioni è rappresentata dagli antibiotici o almeno lo era, poiché il loro utilizzo eccessivo e non corretto ha portato all’aumento di microrganismi multiresistenti.
Per la Società Italiana di Neonatologia (SIN) i soggetti più a rischio in questa situazione sarebbero proprio i neonati. Per questo la lotta ai batteri antibiotico-resistenti sarà una delle sfide prioritarie del prossimo decennio per la neonatologia.
Ecco i principi della SIN per far fronte alla sfida dei batteri antibiotico-resistenti
Due sono i fronti fondamentali indicati dalla Società su cui lavorare:
- impegno delle case farmaceutiche
- rafforzamento della prevenzione, anche attraverso la regolamentazione dell’utilizzo ospedaliero.
La Società Italiana di Neonatologia è così intervenuta su un tema tornato d’attualità dopo il decesso della donna negli Stati Uniti e di cui si è discusso il 9 e 10 giugno a Pavia in occasione del VII Convegno Internazionale sulle infezioni neonatali, attraverso le parole del Presidente Mauro Stronati:
“La storia della scoperta di nuove classi di antibiotici ci insegna che l’emergere di resistenze avviene naturalmente non appena l’antibiotico viene utilizzato – Il quadro che emerge è quello di un mondo in cui “l’arsenale” per combattere i microrganismi è sempre più povero di mezzi: da un lato lo scarso investimento delle industrie farmaceutiche nella scoperta di nuove molecole, dall’altra la circolazione su scala mondiale di batteri resistenti a pressoché tutti gli antibiotici già in commercio. È necessaria una presa di coscienza individuale e collettiva sul fenomeno, ma principalmente l’adozione di un protocollo rigoroso all’interno degli Ospedali e nelle cure che prevedono l’impiego di antibiotici”.
Il posto occupato dall’Italia per l’utilizzo giornaliero di antibiotici non promette bene, infatti il nostro Paese secondo lo “European Center for Disease Prevention and Control” è al quinto posto dopo Grecia,Francia, Lussemburgo e Belgio.
L‘Italia è tra i Paesi più a rischio perché è tra quelli dove i batteri, a causa dell’uso massiccio di antibiotici negli ultimi tre decenni, sono divenuti più resistenti.
Dei 4 milioni di decessi in epoca neonatale che avvengono ogni anno nel mondo, il 36%, quindi circa 1,4-1,5 milioni, sono causati da patologie infettive. Non ci sono, però, dati sulla percentuale di decessi causati dalle infezioni da germi multi-resistenti.
Un recentissimo studio americano (Clock e coll. 2016) su 1320 neonati ricoverati in Terapia Intensiva Neonatale ha dimostrato che il 9% erano colonizzati (si potrebbe dire “portatori sani” anche se il termine non è proprio appropriato) da batteri portatori di almeno una resistenza antibiotica.
L’utilizzo prolungato di antibiotici si associava ad un aumentato rischio di colonizzazione da germi resistenti.
Secondo i Neonatologi italiani il problema delle resistenze batteriche agli antibiotici va affrontato ad un duplice livello:
- locale
- globale
Per affrontare il problema è di fondamentale importanza che:
- i governi promuovano la scoperta di nuove molecole attraverso programmi di ricerca e stabilendo accordi con le case farmaceutiche.
- la prescrizione degli antibiotici sia strettamente regolamentata.
- focalizzare l’attenzione sulla prevenzione più che sul trattamento delle infezioni, incentivando negli ospedali tutti i presidi preventivi, primo fra tutti il lavaggio delle mani
Un documento recentemente pubblicato sul sito dell’ECDC (il centro europeo di controllo e prevenzione delle malattie) incoraggia l’adozione, in ogni ospedale, di un “Antibiotic Stewardship Program”, con la creazione di infrastrutture che migliorino la collaborazione tra le strutture competenti e guidino i medici nelle prescrizioni, operando mediante un programma di sorveglianza, sia al momento della prescrizione che nel corso del trattamento.
Già nel 2013 la SIN aveva lanciato l’allarme, passato quasi inosservato , sull’incidenza dei rischi infettivi sul neonato classificando questo fenomeno come il “pericolo grigio”, che frequentemente si manifesta tardivamente, cioè dopo la dimissione, mettendo a repentaglio la salute del neonato.
Nel 2014 la conferma del problema è arrivata dal Rapporto «Review on Antimicrobial Resistance» in seguito all’epidemia di neonati morti in India a causa dell’inefficacia di antibiotici.
La SIN per questa sfida indica 4 principi da seguire:
- il riconoscimento del problema da parte degli organi di controllo e dei governi, rendendolo pubblico mediante conferenze, rapporti, azioni
- avviare partnership tra pubblico e privato per la scoperta di nuovi antibiotici
- la prevenzione delle infezioni con vaccini e misure di igiene personale e nelle strutture
- un programma nazionale di accesso agli antibiotici per tutti coloro che ne hanno bisogno ma con priorità di accesso ben definite:
- uso principalmente medico (limitando l’uso animale)
- prescrizione basata sulla diagnosi (ma richiederà che la ricerca investa in nuovi e più accurati metodi di diagnosi che permettano di definire subito il tipo di infezione e l’appropriatezza di una data terapia antibiotica)
- accesso agli antibiotici definito dai programmi di stewardship
Per quanto riguarda il primo principio l’Italia si è già attivata con il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che recentemente ha confermato:
“Il riconoscimento di questa emergenza come una priorità di sanità pubblica e la stessa è stata inserita nel macro-obiettivo del piano nazionale della prevenzione 2014-2018”
Gli “Antibiotic Stewardship” sono invece task force di lavoro all’interno degli ospedali dove intervengono diversi specialisti con differente e complementare esperienza nell’ambito della terapia antibiotica, che serva ad assistere il medico durante la prescrizione del trattamento antibiotico, e che lo aiuti nelle decisioni di inizio, interruzione, prosecuzione di un dato trattamento per ogni paziente.
Uno specifico programma di Stewardship antibiotica dovrebbe essere sviluppato per le unità di terapia intensiva neonatale, dal momento che le UTIN presentano problematiche del tutto peculiari.
Quali i batteri resistenti e i superbatteri?
Andiamo ora a conoscere i nomi di questi batteri resistenti agli antibiotici:
- Stafilococco aureo meticillino-resistente;
- Enterococco resistente alla vancomicina;
- Pseudomonas aeruginosa resistente ai fluorochinoloni.
Ancora più preoccupante è l’emergenza causata da microrganismi multi- o pan-resistenti come:
- Pseudomonas
- Klebsiella
- E. coli
- Acinetobacter
- Enterobacter
Queste specie battezzate come “superbatteri”possono acquisire fattori di resistenza a pressoché tutti gli antibiotici attualmente in commercio e possono diffondersi molto rapidamente da ospedale a ospedale e all’intero pianeta. È ciò che è avvenuto nell’ultima decade.
I microrganismi multi-resistenti patogeni per l’uomo, infatti, vengono solitamente isolati all’interno degli ospedali, a volte in corso di eventi epidemici; si diffondono poi all’interno dei reparti come le Terapie Intensive Neonatali e le Pediatrie e trasmessi da paziente a paziente o dall’ambiente al paziente, anche con l’involontario aiuto degli operatori sanitari. Negli ultimi anni molto lavoro è stato compiuto per promuovere l’utilizzo di mezzi semplici ed efficaci di prevenzione quale il lavaggio delle mani, e molto è ancora da fare per prevenire la trasmissione ospedaliera delle infezioni.
Dai singoli ospedali o centri di cura il rischio di diffusione ad altri centri dello stesso o di altri paesi è elevatissimo.
Il report della Società Italiana di Neonatologia e le specie di “superbatteri” non sono rassicuranti, ma devono portarci a riflettere su quale sia la direzione giusta da prendere per la salute della società, in primis delle nuove vite che arrivano.
Voi unimamme cosa ne pensate di questa sfida che deve affrontare la neonatologia?