I consigli di un esperto per educare i bambini al rispetto delle donne

rispettoDall’inizio del 2016, sono già state 58 le donne morte a causa di violenze. Se consideriamo che nel 2015 le vittime sono state 128, una ogni tre giorni, ci rendiamo conto che c’è bisogno ancora di fare molto per arginare questo fenomeno così diffuso, nonostante ci sia stato un leggero calo rispetto al 2014.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ricorda con forza come questo fenomeno sia un problema che riguarda tutti, in molteplici campi, sia politico che sociale ma anche pedagogico:

  • il 38% delle donne uccise, infatti, è morta a causa del partner
  • mentre il 35% delle donne ha subito almeno una violenza all’interno della coppia.

Ma il dato più allarmante è che il 40% degli autori ha meno di 35 anni. Questo vuol dire che abbiamo sbagliato qualcosa nel crescere i nostri figli. Ma cosa? Un dottore pedagonista, Daniele Novara, prova a dare qualche risposta.

Perché gli uomini non hanno rispetto delle donne?

Daniele Novara, fondatore del Centro psicopedagogico per la pace e la gestione dei conflitti, parte da un concetto che spesso viene travisato: quello di machismo. Si pensa infatti che la violenza sulle donne venga perpetrata dall’uomo macho. Secondo il Dott. Novara, invece è vero il contrario. Chi attua violenza, spesso è un uomo con problemi di virilità, molto comunemente cresciuti con una figura paterna assente, mentalmente o anche fisicamente, che quando c’era si faceva sentire solamente picchiando. Diventati adulti, ricercano quelle conferme e quella devozione non ricevuta da piccoli e quando non la trovano nella compagna, la ricercano nello stesso identico modo in cui l’hanno insegnata a loro: picchiando. Non è un caso che la maggior parte degli uomini violenti siano stati cresciuti da genitori che li picchiavano, pratica che in qualunque caso provoca danni alla crescita.

rispettoPer crescere un bambino sano è necessario che le due figure importanti della crescita collaborino, andando a compensare specifiche necessità. La madre deve liberare il bambino, permettendogli di compiere i propri passi in autonomia. Eliminiamo lo scadenzario delle tappe infantili, come quando abbandonare il passeggino o iniziare a usare il vasino, permettendo al piccolo di percorrere la propria strada, altrimenti potrebbero sviluppare un attaccamento morboso e rimanere dipendenti dalla mamma. È a questo punto che entra in gioco il padre, non amico o guardia, ma giusto accompagnatore, che lo spinga a scoprire il mondo, ponendo allo stesso tempo dei giusti paletti.

Attraverso la combinazione di questi ruoli, sarà possibile insegnare al bambino come affrontare le difficoltà e gestire i contrasti. Dopotutto, gli uomini violenti picchiano non per motivazioni passionali o amorose, ma per pura violenza, incapaci di affrontare e gestire in maniera differente un litigio. Per questo diventa importante dare la possibilità ai bambini di litigare, azione che spesso viene punita e repressa, impedendogli di imparare ad accettare l’opinione altrui e l’opposizione al proprio pensiero.

In conclusione, la violenza sulle donne non è un fenomeno che va contrastato solamente a livello sociale e politico. Anche noi genitori, nel nostro piccolo, possiamo fare la nostra parte per crescere uomini capaci di risolvere i contrasti con le parole e non con calci e pugni.

Voi unigenitori cosa pensate della lotta pedagogica alla violenza sulle donne?

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