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Attualità

Occupazione femminile, l’Italia destina pochi fondi alle mamme lavoratrici

Published by
Francesca Nicoletti

Essere mamma ed essere donna lavoratrice è una delle combinazioni più difficili che siano mai esistite non fosse altro per la poca considerazione rivolta alle donne che lavorano e pensare che le donne, a parità di mansione, risultano essere più istruite e capaci.

Da una classifica che riguarda la spesa pubblica dirottata verso il mondo dell’occupazione femminile degli Stati Membri dell’Unione Europa l’Italia occupa un infelice 22esimo posto.

Occupazione femminile, l’Italia spende poco per le mamme lavoratrici

In Italia il Welfare, ovvero quel settore dello Stato che dovrebbe occuparsi delle fasce più deboli, tiene in scarsa considerazione le necessità delle mamme lavoratrici e dell’occupazione femminile in generale tanto da dedicare alla famiglia solo l’1% (pari al 15,5 miliardi) del Pil, il Prodotto Interno Lordo, contro un 20% che, invece, dedicano agli anziani over 65 anni. Niente da obiettare riguardo alla necessità degli anziani per i quali nessuno contesta la percentuale loro dedicata ma, e la domanda sorge spontanea, perché tenere così in scarsa considerazione il mondo dell’occupazione femminile?

Tale situazione, purtroppo, ha come conseguenze

  • riduzione della natalità e
  • penalizzazione dell’occupazione femminile.

Dai dati presentati a Roma in occasione della Convention di Donne Impresa Confartigianato, della quale fanno parte circa 360 mila imprenditrici artigiane in Italia, si evince che le donne che lavorano sono

  • l’82,1% delle con età compresa tra i 25 e i 44 anni senza figli,
  • il 63% delle donne con la stessa età ma con figli

un dislivello davvero troppo elevato.

Tutto questo perché lo Stato non viene incontro alle necessità delle mamme lavoratrici garantendo loro il minimo dei servizi di supporto per poter conciliare lavoro e famiglia quali, per esempio, gli asili nido.

Tante mamme, infatti, per poter lavorare chiedono aiuto a

  • nonni (51,4%),
  • asili nido (37,8%) o
  • baby sitter (4,2%).

Il Presidente di Donne Impresa Confartigianato, Edgarda Fiorini, riguardo questi dati ha dichiarato: «Le donne italiane sono sull’orlo di una crisi di …welfare. L’Italia, infatti, non sembra essere un Paese per mamme che lavorano. E lo è ancor meno per le imprenditrici le quali sono escluse dagli interventi a tutela della maternità previsti per le lavoratrici dipendenti. Risultato: tra crisi economica e carenze dei servizi pubblici per la famiglia, il numero delle donne che svolgono attività indipendenti tra il 2005 e il 2015 è diminuito del 5,6%. Per conciliare lavoro e famiglia, sollecitiamo per le imprenditrici una serie di interventi: la possibilità di utilizzare voucher babysitting integrati da voucher per l’assistenza ai familiari anziani e ai disabili; un voucher per formare i collaboratori chiamati a sostituire temporaneamente la titolare nell’attività d’impresa; un credito d’imposta per incentivare la creazione di attività d’impresa nei servizi di welfare per la famiglia e per l’infanzia; sgravi fiscali e contributivi per assunzioni a tempo determinato di coadiuvanti nei periodi di maternità o di assistenza a figli minori o parenti anziani; l’istituzione, presso il Ministero dello Sviluppo Economico, di un Fondo per l’imprenditoria femminile».

Dei dati davvero poco lusinghieri per un Paese che si proclama moderno e a favore della famiglia.

E voi unimamme cosa ne pensate di tutto questo? Proviamo a fare sentire le nostre voci e le nostre richieste, dopotutto non chiediamo la luna ma solo un aiuto affinché si riesca senza fare sempre i salti mortali – ai quali noi donne siamo abituati – a conciliare lavoro e famiglia.

Guardate con i vostri occhi quanto spendono a favore della famiglia gli altri Stati dell’Unione Europea, sempre poco ma sicuramente più dell’Italia.

Francesca Nicoletti

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