Lo scopo dichiarato del Fertility Day e della campagna è quello di creare maggiore consapevolezza sui rischi dell’infertilità maschile e femminile, che è cosa giusta, ma il modo scelto per farlo è completamente sbagliato. Vediamo insieme il perché.
“Il rinvio alla maternità porta al figlio unico. Se arriva.”
“La fertilità è un bene comune”
“La Costituzione tutela la procreazione cosciente e responsabile”
“Genitori giovani. Il miglior modo di essere creativi”
questi sono solo alcuni degli slogan apparsi sulle cartoline create ad hoc per la campagna.
Il perché della campagna è risaputo: bisogna contrastare la denatalità e l’invecchiamento della popolazione del nostro Paese.
I dati Istat parlano chiaro:
L’Italia è dunque un paese in cui la popolazione invecchia e non si riproduce e che perde ricchezza e produttività: come si legge su l’Indro.it, solo 35 anni fa i bambini con età minore di 5 anni erano il 9% della popolazione italiana, mentre oggi sono solamente il 4,2% e secondo le previsioni nel 2050 saranno appena il 2,8%. Ciò conduce a un’importante e progressiva diminuzione del capitale umano (persone in età lavorativa) e comporterà un aumento dei pensionati. Le conseguenze saranno un aumento della pressione fiscale sui giovani e quindi, per loro, maggiori difficoltà a mettere su famiglia. Una situazione sicuramente preoccupante.
Parlare di fertilità e di natalità ha quindi senso, ma perché il Ministero della Salute non ha previsto attività specifiche nelle scuole per spiegarlo ai giovani, anziché stanziare più di 113 milioni di euro per un progetto partito con una campagna di “basso livello” che ha scosso e indignato?
Una campagna di questo tipo avrebbe avuto senso in un paese in cui le giovani coppie, pur avendo una sicurezza, una stabilità economica, un welfare che pensa alla famiglia, abbiano deciso all’unanimità di non volere comunque figli. Ma non è questo il caso.
L’Italia purtroppo è un Paese in cui
Con queste condizioni (e sicuramente ne avremo dimenticate alcune) come si può reagire di fronte a frasi come “La fertilità è un bene comune” o “Il rinvio alla maternità porta al figlio unico. Se arriva“. Sembrano prese in giro, e di fatto lo sono. Frasi che hanno colpevolizzato chi rinvia la nascita di un figlio o chi decide di non farne, ferito chi non può averne, urtato i giovani che dopo anni di studi e sacrifici fanno fatica a trovare un lavoro retribuito.
Cosa ha ottenuto la campagna? La pagina Facebook e il profilo Twitter sono stati bombardati di insulti e di commenti rabbiosi da parte soprattutto di donne ed il sito dedicato al FertilityDay non è al momento raggiungibile.
La speranza è che questa “ribellione” mediatica possa aver creato maggiore consapevolezza nel Governo su ciò che è davvero necessario per contrastare la denatalità italiana. E che quindi accanto all’annuncio di nuove politiche economiche, sociali e servizi a favore delle donne e delle famiglie, saranno più che benvenute campagne serie di educazione sanitaria su fertilità e salute riproduttiva, importanti e necessarie.
E voi unimamme che ne pensate di tutto questo?
Vi lasciamo con lo sfogo di una mamma, Marta Duello, che è riuscita a condensare in poche parole ciò che hanno provato la maggior parte delle donne:
“Questa storia del fertility day, pur da mamma giovane, dunque perfetta secondo i canoni di quel bel manifesto, la trovo veramente una presa per il culo.
Caro ministro, ho 21 anni, una figlia e mi sto per laureare, sì mi sto per laureare e la cosa mi spaventa. Mi spaventa il fatto che qui in Italia il lavoro sia difficile da trovare anche da laureati. Però il culo me lo faccio lo stesso, continuo a sperarci…
LA FERTILITÀ NON È UN BENE DELLO STATO, perché chiariamoci..qui lo Stato non aiuta nemmeno un po’ le giovani madri che come me pensano che l’istruzione e la cultura siano le basi per il progresso.
#fertilityday”
Amen.
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