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Le italiane allattano troppo poco: i dati, i motivi e i consigli degli esperti

Published by
Maria Sole Bosaia

Torniamo a parlare di allattamento al seno, dopo che la Società Italiana di Neonatologia ha emanato dati preoccupanti.

Nonostante le numerose campagne di sensibilizzazione, infatti, molte mamme decidono di smettere di allattare al seno ben prima dei 6 mesi consigliati.

Allattamento al seno: sono poche le mamme che continuano dopo i 6 mesi

Secondo i dati riportati dalla Società Italiana Neonatologia (SIN) nei primi giorni di vita il 90% delle mamme comincia ad allattare al seno, la percentuale però diminuisce drasticamente nel tempo:

  • il 77% continua alle dimissioni dall’ospedale
  • il 31% allatta ancora 4 mesi
  • solo il 10% continua ad allattare dopo 6 mesi

Diverse le motivazioni:

  • motivazioni culturali: allattano per meno tempo le mamma con un livello di istruzione più basso
  • motivazioni socioeconomiche: allattano per meno mesi le mamme con condizione socioeconomica più bassa
  • motivazioni territoriali: allattano meno le mamme residenti nelle regioni meridionali
  • motivazioni psicologiche: sono diverse le singole ragioni (c’è chi non si sente all’altezza, chi teme di non avere abbastanza latte, per stanchezza e stress dopo il parto, se non c’è un sufficiente sostegno in famiglia).

Purtroppo per alcune mamme il ritorno al lavoro è il motivo principale.

E’ quindi sempre più necessaria l’esistenza di una rete di sostegno ospedale-territorio per le neomamme nei mesi successivi il parto.

Allattamento al seno: le iniziative per promuoverlo

La promozione dell’allattamento al seno è uno degli obiettivi della Società italiana di neonatologia, uno scopo che non deve essere perseguito solo nella settimana mondiale dell’allattamento al seno che si svolge quest’anno dal 1 ottobre al 7.

Ultimamente la Sin ha rilasciato un documento molto importante intitolato Position Statement sull’Allattamento al seno e uso del latte materno/umano, in cui si traccia una linea comune tra gli operatori del settore offrendo riferimenti precisi per quanto riguarda l’alimentazione infantile. Un documento da leggere sicuramente.

Inoltre è stato firmato dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin il documento “Promozione dell’uso del latte materno nelle Unità di Terapia Intensiva Neonatale (TIN) ed accesso dei genitori ai reparti .

Tra le varie iniziative spicca anche il progetto Baby Pit Stop, una App che consente alle mamme di trovare il posto più vicino dove fare un baby pit stop, ovvero fermarsi per allattare il proprio bimbo in un posto confortevole.

Ricordando alcuni benefici dell’allattamento al seno, che sono:

  • minor rischio di infezioni gastroentestinali
  • asma
  • minor rischio di otiti medie e acute
  • minor rischio di sviluppare obesità
  • minor rischio di sviluppare malattie cardiovascolari
  • minor rischio di ipertensione e diabete di tipo 2

c’è da aggiungere che l’allattamento al seno durante il divezzamento offre protezione a chi è predisposto alla celiachia. Naturalmente i benefici, in numero ancora maggiore si estendono anche ai neonati prematuri.

I vantaggi per le mamme, invece, sono:

  • hanno minori perdite ematiche
  • una più rapida soluzione uterina
  • perdita di peso dopo il parto
  • il rischio di cancro al seno si riduce del 4% per ogni anno di lattazione

Tra gli svantaggi, invece, per le donne che non allattano o che smettono precocemente, sussiste anche la possibilità di soffrire di depressione post partum.

Allattamento al seno: il decalogo dei neonatologi

La Sin ha redatto un decalogo per aiutare mamme e operatori ad orientarsi:

1- Prima di allattare

Prima cosa da fare per comprendere realmente i benefici dell’allattamento al seno è informarsi.
L’informazione serve per motivare le future madri (in particolare le primipare) e viene condotta attraverso incontri in piccoli gruppi, coinvolgendo anche le persone della famiglia, che possono influenzare la
decisione materna, quali il marito/partner e/o le future nonne. Questi incontri sono occasione anche per far chiarezza sui falsi miti e sui tabù relativi all’allattamento, lasciando comunque sempre in primo piano
l’aspetto psico-affettivo

2. Il primo contatto mamma-bambino
Da non sottovalutare è il primo contatto pelle a pelle prolungato in sala parto di mamma e neonato, che consente di facilitare il bonding (legame) e creare le condizioni affinché la prima poppata al seno avvenga nelle prime ore di vita del bambino.
Per una corretta “iniziazione” alla pratica dell’allattamento al seno, occorre innanzitutto individuare la posizione più idonea al seno materno durante la poppata. Particolarmente utile, ma non unica, quella sotto braccio, detta anche a presa da pallone da rugby. Presso le maternità occorre favorire il rooming in, pratica ospedaliera di lasciare il neonato in camera con la propria madre durante tutta la degenza, in modo da rendere possibile l’allattamento a richiesta. Gli eventuali controlli clinici e strumentali devono avvenire nella stessa stanza, senza interferire con l’allattamento al seno.

3. Il calo di peso
E’ importante allattare a richiesta del bambino, senza limiti di numero e durata delle poppate, cogliendo i segni precoci di ricerca del seno (fame), più che attendere il pianto come espressione di “appetito”. Ciò faciliterà la fisiologia della lattazione. Nei primi giorni di vita, anche quando il neonato può avere ittero e necessitare di fototerapia, l’allattamento al seno deve essere mantenuto. Per i bambini “più esigenti” spesso si tende a richiedere la famosa aggiunta di latte artificiale, ma eventuali piccole aggiunte vanno prescritte solo previa valutazione delle condizioni del bambino, dell’entità del calo di peso e la reale possibilità della mamma di rispondere alle esigenze del piccolo.
Il calo di peso medio alla nascita è circa il 5% con un massimo ancora accettabile del 10%.
Bisogna perciò prendere in considerazione un calo tra l’8 e il 10%, che non suggerisce un’automatica supplementazione di latte artificiale. E’ invece opportuno verificare l’attacco al seno, la sequenza e la durata delle poppate e lo stato di benessere di mamma e bimbo. In caso di necessità, la prima scelta di integrazione deve sempre ricadere sul latte materno estratto. Va inoltre previsto un controllo di peso con verifica dell’allattamento a 24-72 h dalla dimissione dal nido. Per questo, operatori competenti del punto nascita, dei servizi consultoriali, ginecologi e pediatri di libera scelta o gruppi di aiuto mamma a mamma, debbono essere a disposizione di tutte le mamme, soprattutto nella prima settimana di vita del bambino, per essere di sostegno nell’avvio dell’allattamento al seno. Il recupero del peso neonatale di un bimbo allattato esclusivamente al seno, avviene solitamente entro i 14 giorni di vita.

4. Il ciuccio
L’uso del ciuccio per il bambino allattato al seno va evitato durante tutto il periodo in cui l’allattamento al seno deve consolidarsi. L’eventuale offerta del ciuccio va presa in considerazione a partire dalla 3°-4° settimana di vita, come intervento di prevenzione per la SIDS anche se in realtà nessuno degli studi sull’associazione fra uso del ciuccio e SIDS riporta un effetto protettivo tanto evidente quanto quello dell’allattamento al seno.

5. Il latte formulato
Il latte artificiale deve essere impiegato solo in quei casi in cui c’è assenza di latte materno o è riscontrata una patologia della madre per cui è sconsigliato l’allattamento, o per rispetto della volontà materna; laddove è possibile, si può ricorrere alle Banche del latte umano donato (BLUD).

6. Banche del latte
Quando il latte materno non è disponibile, in particolare nel primo periodo dopo il parto, si può ricorrere al latte umano donato. Nonostante il trattamento termico, necessario per inattivare batteri e virus, ne alteri
parzialmente le proprietà biologiche e nutrizionali, il latte umano donato rappresenta la prima scelta nutrizionale subito dopo quello della propria madre. Rispetto alla alimentazione con formule, nei pretermine infatti, il latte umano riduce l’incidenza di enterocolite necrotizzante e migliora la tolleranza alimentare; contribuisce alla riduzione delle sepsi e altre infezioni, previene lo sviluppo di ipertensione arteriosa e insulino-resistenza in età adulta. Il latte materno estratto rappresenta anche la principale integrazione laddove si verifichi una condizione di eccessivo calo ponderale alla nascita e per i rari casi in cui neonati a termine, per brevi periodi, non possono alimentarsi al seno.
Le Banche del latte operano grazie alla generosità di donatrici volontarie, accuratamente selezionate, che offrono il proprio latte a titolo gratuito.

7. Alimentazione della mamma
Un’alimentazione appropriata per la donna in allattamento deve soddisfare tutti fabbisogni, in particolare quelli energetici, proteici e di calcio, non è prevista alcuna limitazione alimentare o dieta specifica.
Una dieta varia e sana, adeguata alle esigenze della mamma, sarà salutare per lei e per il bimbo. Non bisogna mangiare tanto più del solito, poiché a una donna che allatta bastano 500 Kcal al giorno in più; non serve eliminare particolari alimenti per prevenire le allergie, né è documentato con certezza che alcuni cibi o liquidi possano far aumentare la produzione di latte. Al contrario, possono avere una scarsa (ma reversibile) produzione di latte le donne disidratate, con febbre o in assetamento volontario, quelle gravemente malnutrite o a digiuno volontario. Sconsigliata la dieta vegetariana o vegana, poiché se non è ben bilanciata, mette a rischio di carenza di vitamina B12 il piccolo. Si deve limitare l’uso di alcool etilico che, oltre a passare nel latte e provocare nel lattante sedazione, ipoglicemia, vomito e diarrea, può inibire
la montata lattea.

8. Pretermine
Per una maggior diffusione dell’allattamento materno nelle TIN, il primo passo da compiere è consentire ai genitori un accesso libero al reparto che permetta loro di conoscere precocemente il proprio bambino, di avere contatti prolungati con lui, anche attraverso la marsupio-terapia, e perché no, di familiarizzare col personale. La montata lattea, condizionata negativamente dallo stress della nascita, può presentarsi a qualunque età gestazionale. Le quantità di colostro prodotte, seppur minime, sono il più delle volte sufficienti per iniziare una minima precocissima alimentazione, fondamentale nei neonati critici. Quando il latte materno, nel primo periodo dopo il parto, non è subito disponibile per i prematuri, soprattutto quelli problematici, di peso alla nascita inferiore a 1500 g ricoverati in TIN, il latte umano donato può essere considerato alla stregua di un farmaco essenziale.
Gli usuali criteri per stabilire quando il neonato può iniziare a succhiare al seno sono grossolani: raggiungimento di un determinato peso postnatale, di una certa età postconcezionale, del conseguimento della capacità di alimentarsi al biberon. Maggiormente affidabile è il criterio della stabilità delle condizioni cliniche accompagnata da movimenti della lingua e della bocca, anche in assenza di una provata abilità a succhiare e a deglutire. Non devono esistere quindi pregiudizi concettuali.

9. L’empty breast
Per facilitare l’attacco al seno del neonato prematuro si spreme la mammella prima della poppata integrando eventualmente col latte spremuto. Si evita così che un pretermine ancora privo di una vigorosa suzione, venga attaccato al seno ad una mammella per lui relativamente troppo piena.
Un sistema efficiente di spremitura del latte, può essere manuale, meccanico o combinato (spremitura elettrica seguita da spremitura manuale). Se la spremitura è effettuata con pompa tiralatte, va fatta di preferenza contemporaneamente da entrambe le mammelle. Il successo della spremitura dipende anche dalla correttezza delle istruzioni ricevute in merito al momento in cui iniziare, la scelta di coppe adeguate (ne esistono di dimensioni diverse), la potenza dell’estrazione e la frequenza della spremitura. E’ utile che la madre tenga un diario come strumento di autocontrollo sulle quantità di latte spremuto e sul numero di
sedute di spremitura.

10. I falsi miti
Se durante l’allattamento si formano lesioni del capezzolo, per superare l’ostacolo, si può dare al bimbo il proprio latte estratto. In caso di malattie debilitanti, invece, come influenza, diarrea, coliche, infezioni urinarie, la decisione se sospendere o meno l’allattamento spetta alla mamma, ma è sempre bene evitare nel bambino una brusca interruzione. Sfatiamo anche il luogo comune che bere tanto (o bere la birra) aiuti a produrre più latte. L’allattamento inoltre non comporta un calo del visus e non va quindi proibito alle madri con miopia o altre patologie oculari. Anche l’insorgere di una nuova gravidanza, a meno di particolari fattori di rischio, non giustifica una precoce interruzione.
La dipendenza del bambino da sua madre, implicita nell’allattamento materno di lunga durata, non va confusa poi con l’autonomia del bambino, che non ne risulta compromessa.

 

Unimamme e voi cosa ne pensate di questi suggerimenti? Li seguirete? Fino a che mese avete allattato i vostri figli?

Maria Sole Bosaia

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