Soprattutto nelle Isole e nei paesi isolati i punti nascita con meno di 500 parti l’anno sono considerati insicuri e quindi vengono chiusi, come prevedono le direttive del Ministero della Salute.
Nel 2014, secondo il Piano Nazionale esisti 2015 redatto per il Ministero della Salute, come riportato su Il Corriere, la situazione vedeva la presenza di 123 strutture ospedaliere (24% del totale) con meno di 500 parti l’anno, ovvero la soglia minima che garantisce la sicurezza di mamma e bimbo per l’OMS.
1/4 delle strutture italiane, dovrebbe essere quindi messo in sicurezza.
Una legge risalente al 2010, poi fatta applicare da Beatrice Lorenzin, prevedeva la chiusura dei reparti di maternità con meno di 500 parti.
Oltre al numero di parti sussistono anche altri criteri di valutazione:
Se ci sono le basi per la sicurezza alcuni ospedali possono ottenere una deroga in merito ai parti inferiori a 500, come per esempio quelli situati in zone di montagna.
Un’altra “alternativa”, come riportato su La Stampa dovrebbe essere quella di avere un consultorio di primo soccorso negli ospedali locali con presenza di ginecologo e ostetrica per partorire sul posto o ordinare il trasporto in ambulanza se necessario.
In teoria le regioni avrebbero dovuto reinvestire parte dei soldi risparmiati con la chiusura dei piccoli presidi ospedalieri.
Ma non è stato fatto
Come accennavamo le persone che abitano sulle isole e nelle zone più isolate protestano per questa situazione.
A Procida e Lampedusa si obietta che non è oggettivamente semplice raggiungere la terraferma se c’è mare grosso.
A Termoli, in Molise, le mamme non possono partorire nel fine settimana perché il punto nascita più vicino rimane chiuso e così via con una serie di casi che investono la nostra Penisola.
Infine, se da una parte in zone difficili le strutture chiudono ne rimangono ancora 111 aperte pur essendo sotto la soglia di sicurezza. Il record spetta alla Campania.
In ultimo, l’Italia continua a rimanere il Paese UE con il più alto numero di parti cesarei, il cesareo non è l’equivalente di un parto “più sicuro”.
Va eseguito:
In Italia, in un’indagine del 2013, è emerso che la percentuale di cesarei nel nostro Paese è del 35%, oltre il doppio di quanto raccomandato dall’OMS:
Stando a un’indagine dei Nas del 2013 il 43% dei cesarei sarebbero ingiustificati. In modo particolare al Sud l’incidenza dei cesarei è preoccupante. Nel 2014 i cesarei primari sono giunti al 40% in Campania.
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