Un parto può considerarsi un’esperienza positiva quando mamma e bambino stanno bene. Certo, sicuramente il fatto che sia l’una che l’altro godano di buona salute è un indicatore che fa dire “alla fine tutto è andato per il meglio”. Ma siamo sicure che sia davvero così?
E’ davvero corretto dire che una nascita si possa definire “buona” solo considerando il fattore salute del bambino e della mamma?
Vi faccio queste domande Unimamme perché secondo me non si può ridurre il tutto a questo. Vi faccio il mio esempio: io ho due figlie, entrambe avute con il parto cesareo, eppure le esperienze sono state diversissime. Solo nel secondo caso posso dire che tutto è andato davvero molto bene. Apparentemente la situazione fisica mia e delle bambine era ottima: la ripresa è stata tutto sommato veloce e le mie figlie – nonostante la seconda sia nata di 36 settimane – non hanno avuto particolari problemi.
Nonostante ciò con Paola, la mia prima figlia, nulla è andato per il verso giusto.
Non ho praticamente avuto voce in capitolo – per questo in alcuni ospedali sta cominciando ad essere utilizzato il piano del parto per poter informare il personale sanitario sulle proprie volontà – non mi sono sentita ascoltata nonostante fossi terrorizzata, nessuno ha cercato di infondermi un po’ di sicurezza tra i miei mille dubbi soprattutto legati all’allattamento.
Ma la mia opinione è confermata anche da un’altra mamma, Johanna Moorhead, che ha riportato sul The Guardian i dati un sondaggio inglese effettuata da Mumsnet – uno dei siti più importanti sulla maternità in UK – per Birthrights, un’associazione attivista per i diritti delle donne durante il parto, e secondo la quale meno della metà delle donne inglesi ha avuto il parto che voleva.
Secondo il campione di 1100 donne, utilizzatrici del sito, di queste:
Se il parto non va come si erano immaginate è un conto, ma se la madre non viene per niente tenuta in considerazione è un altro. Questo infatti non può che avere delle conseguenze sui primi istanti di vita con il nascituro.
Sempre secondo questa ricerca:
In questa ricerca sono esclusi i padri, ma è evidente che non considerarli da un piano di parto li mette nella condizione di non poter da subito aver un rapporto sereno con il proprio bimbo (per esempio hanno tenuto mio marito all’oscuro delle mie condizioni durante il primo parto dicendogli semplicemente che le ore successive sarebbero state determinanti. Lui era lì con Paola nella cullina e non se l’è goduta affatto, preoccupato com’era).
Ricordate la campagna di qualche tempo fa #bastatacere sulla violenza ostetrica? Ecco, io penso che non si tratta di fare terrorismo psicologico alle future mamme, ma renderle consapevoli che avere una buona esperienza di nascita può determinare anche l’attaccamento successivo, oltre ad evitare la depressione post partum.
E’ infatti risaputo e scientificamente dimostrato che la qualità dell’attaccamento del bambino alla mamma, al papà, sin dalle prime ore dopo la nascita pone le basi per uno sviluppo corretto e sano del bambino.
Se una donna inizia la sua vita da mamma sentendosi insicura, poco confidente, e infelice, non potrà dare tutta se stessa nel processo di attaccamento con il bambino, mentre potrà farlo una neomamma felice, soddisfatta della sua esperienza di parto, e sicura di sé. Se ciò avviene, si garantisce un migliore inizio non solo alla mamma, ma anche e soprattutto al neonato.
E voi unimamme cosa ne pensate?
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