L’edizione 2016 dell’Atlante dell’infanzia a rischio che quest’anno, per la prima volta, viene pubblicato da Treccani, segnala che l’infanzia di moltissimi bambini italiani è a rischio.
1 minore su 3 è a rischio di povertà ed esclusione sociale, significa il 32,1% del totale, una percentuale importante e che stride invece con la media europea del 27,7% e con quella di alcuni Paesi europei in cui il welfare funziona decisamente meglio.
Secondo le stime l’Italia investe nella protezione sociale di ogni individuo quanto l’Europa ma il nostro welfare non riesce ad ottenere gli stessi frutti nella lotta alla povertà e all’esclusione minorili.
In rapporto agli stessi interventi di welfare, per esempio, la povertà relativa nelle fasce da 0-17 anni si riduce da un potenziale del 35% (prima dei trasferimenti) al 25% (dopo i trasferimenti).
In Italia però, come mostra il grafico, per proteggere maternità, famiglia e infanzia, si spende pochissimo, solo il 4,1%.
In Italia 1 bambino su 10 e quasi 1 famiglia con bambini su 10 vivono in povertà assoluta. La percentuale ammonta al 9,3%. Nel 2006 era dell’2%.
I minori in povertà assoluta si dividono così in Italia:
Per quanto riguarda le famiglie:
Povertà può risultare un termine astratto, ma vediamo nel concreto cosa vuol dire per un piccolo di oggi crescere così grazie all’indagine dell’ufficio statistico europeo Statistics on income and living conditions.
Bambini tra 1-15 anni non hanno accesso a beni ritenuti acquisiti e di pubblico dominio in una società ritenuta avanzata.
L’Italia mostra livelli di povertà minorili maggiori rispetto alla medie europea. Per i bambini tra 1 e 17 anni a rischio di povertà ed esclusione sociale la media è:
La crisi economica ha avuto ricadute molto pesanti sulla fuel poverty delle famiglie (famiglie in povertà assoluta che non riescono a riscaldare la casa).
La percentuale di giovani che hanno abbandonato l’istruzione superiore, in generale, è diminuita. Sono però i maschi quelli con la percentuale più alta di dispersione scolastica.
In Italia la percentuale di adulti con livelli di scolarizzazione inferiori rimane molto elevata, è di circa 15 punti sotto la media europea. I bassi titoli di studio ricadono poi sui figli:
Nonostante, in generale, l’istruzione rappresenti un fattore protettivo, in Italia lo è meno perché non vi sono sbocchi lavorativi o riconoscimento delle qualifiche.
Unimamme, voi cosa ne pensate di questi dati? Eravate al corrente di quanti bambini vivono nel disagio?
Voi fareste qualcosa di concreto per loro?
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