Nel 2012 Elena Barbieri ha pensato di creare una biblioteca aperta a tutti, ispirandosi alle little free libraries americane di cui vi avevamo parlato anche noi poco tempo fa.
La donna ne ha parlato col marito e gli amici, senza però trovare l’appoggio sperato. “Cosa credi? Qui siamo in Italia, i libri te li rubano…“, come riportato su Il Corriere.it.
Così, per un certo periodo Elena ha messo da parte il suo progetto, finché la sua famiglia non è stata colpita da un dramma.
Al suo secondogenito, Federico, diagnosticano una leucemia e il piccolo è costretto a rimanere chiuso in casa per 19 mesi. Ed è stato in quel momento che Elena ha ripreso in mano il suo sogno, coinvolgendo anche il figlio malato.
“La prima casetta di legno l’ho costruita con lui. Federico l’ha dipinta di rosso. A settembre del 2013 l’abbiamo messa fuori dal cancello, per i libri ho fatto un appello su Facebook chiedendo di donarmene uno, senza spiegare per che cosa. Era bello vedere mio figlio che dava le istruzioni dalla finestra a chi si avvicinava”.
L’iniziativa di Elena, a dispetto dei pronostici, ha ottenuto un ottimo riscontro nei suoi concittadini, andando ben oltre le sue iniziali speranze.
“L’ho chiamata Biblioteca del Gufo perché è sempre aperta, pure di notte. E in effetti alle 2 o alle 3 possono passare i ragazzi che escono dalla birreria, tanto è sempre illuminata”.
Dalla prima casetta posta come iniziale tentativo di sensibilizzare alla lettura e una maggior consapevolezza nella comunità ne sono nate altre, tanto da dover organizzare in modo capillare come sistemare i moltissimi libri lasciati dalle persone.
“Chi prendeva un libro ne lasciava venti, non avevamo più spazio nemmeno in garage. Dopo qualche mese abbiamo sostituito la prima casetta con una libreria più grande”.
La Biblioteca del Gufo è decollata e Elena ha dovuto predisporre persino un magazzino per raccogliere tutti i volumi perfettamente catalogati.
Presso il Magazzino del Gufo quindi si effettua lo scambio, l’acquisto e l’offerta. I soldi ricavati vengono convogliati su progetti mirati, come l’acquisto di un’altalena per disabili e simili.
Tra i volumi raccolti ce ne sono di pregiati e rari, ma anche titoli orrendi che vengono però utilizzati per il “reading dei libri brutti”.
I tre anni di scambi hanno prodotto 10 mila volumi ed Elena è chiaramente molto soddisfatta della riuscita del suo progetto nato in un momento di dolore ma che ha potuto distrarre un po’ lei stessa e il figlio malato e riaccendere la speranza di una maggior fiducia nella persone, nei loro cuori.
“La malattia di Federico è in remissione, la Biblioteca del Gufo è rimasta” riassume con grande saggezza questa incredibile mamma che non ha mai smesso di credere nell’onestà delle persone.
Unimamme voi cosa ne pensate di questa storia?
Avete mai provato ad avviare un progetto simile a quello di Elena o qualcosa che coinvolgesse la vostra comunità basandosi sulla partecipazione collettiva e volontaria?
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