Si è tanto parlato in questi mesi della campagna #bastatacere con le quali le mamme hanno , per la prima volta, i vari casi di abuso e violenza che avevano ricevuto in sala parto. Il più delle volte si trattava di episiotomie non volute, posizioni forzate, mancanza di ascolto alle mamme durante il travaglio, ma la storia che vi stiamo per raccontare è ancora peggio.
La triste storia è avvenuta a Catania, a luglio 2015, nell’ospedale Santo Bambino, un centro che arriva a fare più di 2000 parti l’anno. Qui una donna è stata ricoverata per partorire ma due dottoresse, Amalia Daniela Palano e Gina Corrao, che erano in turno in quel momento hanno rinviato un parto cesareo necessario per non lavorare oltre il turno, nonostante gli episodi di sofferenza fetale che erano emersi dalle indagini.
Secondo la procura di Catania le dottoresse avrebbero somministrato alla donna “atropina per simulare una inesistente regolarità nell’esame medico” e non hanno informato i medici del turno successivo.
Il bambino è poi nato con il cordone intorno al collo, riportando diverse lesioni gravi a livello neurologico e motorio: “Encefalopatia ipossico-ischemica, tetra paresi spastica, grave ritardo neuro psicomotorio, indebolimento del tronco neuroencefalico“.
Un’altra dottoressa, Paola Cairone, risulta essere indagata perché “pur non essendo a conoscenza degli avvenimenti precedenti, praticava alla paziente per due volte le manovre di Kristeller, bandite dalle linee guida, nonostante un tracciato non rassicurante e non contattava in tempo il neonatologo“.
L’episodio è stato denunciato dai famigliari della famiglia, in seguito al quale sono partite le indagini.
Il manager dell’ospedale, Paolo Cantaro, si legge su Il Mattino, ha dichiarato che è in atto un’indagine interna e che le tre dottoresse sono state sospese, per 12 e 6 mesi le dottoresse Palano e Corrao, e 4 mesi la dottoressa Cairone.
Al momento è in corso anche un’indagine sulle modalità di redazione delle cartelle cliniche nella struttura.
“Voglio verità e giustizia e soprattutto che quello che è accaduto a me non si ripeta ad altre madri e figli: chi ricorre a una struttura pubblica deve avere la certezza di essere tutelata al massimo” ha dichiarato invece questa mamma a La Sicilia.
E voi unimamme, cosa ne pensate di questo gravissimo caso di malasanità? Noi ci stringiamo intorno alla famiglia e speriamo che la giustizia faccia il suo corso.
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