Certe storie sono davvero surreali ma occorre parlarne per aumentare consapevolezza e sensibilità.
Un insegnante ha scritto una nota sul diario di Adriano, un ragazzo di 13 anni, dicendo che continuava a disturbare la lezione facendo dei “piccoli rutti”.
Adriano è un ragazzo di 13 anni, che frequenta la prima media, disabile perché affetto da una forma di ritardo cognitivo grave: quando aveva un mese si è ammalato di bronchiolite, il sangue non è arrivato al cervello che non ha ricevuto ossigeno e così è rimasto senza la possibilità di parlare, di camminare e di comunicare.
La mamma Lucia, però, dopo aver letto la nota ha risposto in maniera esemplare.
“Ho sgridato Adriano per il suo comportamento. La nota positiva è che erano piccoli, perché a casa li fa grandi” ha risposto mamma Lucia sul diario.
Lucia ha spiegato poi all’Huffingtonpost che Adriano “non sa nemmeno che cosa sia una nota” e che si è comportato così perché non era interessato alla lezione. “Fare rutti” per Adriano rappresenta un suo modo di comunicare un disagio che l’insegnante di sostegno avrebbe dovuto capire e non condannare.
Purtroppo la realtà è che spesso i ragazzi con disabilità non usufruiscono della possibilità di un insegnamento che dovrebbe aiutarli nell’inserimento con la classe, cercando nei limiti del possibile di tenere il passo. Se l’insegnante stesso di sostegno – colui che per primo dovrebbe cercare di interessare un alunno – non riesce ad essere empatico nei confronti di chi ha difficoltà, come si può fare?
Per Adriano infatti il passaggio tra le elementari – “5 anni splendidi” – e la scuola media è stato molto difficile, come spiega la mamma: “Alle elementari aveva un maestro bravissimo che riusciva a interessarlo. Stava sempre in aula e seguiva le lezioni come tutti i suoi compagni. Adesso invece è cambiato tutto“.
Purtroppo le difficoltà del ragazzo non si fermano alla scuola: la mamma è ancora in attesa dell’assistenza domiciliare che aveva richiesto un anno fa. In Comune le hanno detto di avere pazienza perché ci sono persone in graduatoria da 5 o 6 anni.
E’ davvero incredibile come la disabilità – risorsa invece preziosa – venga vissuta come un aspetto sociale di serie B, senza contare che questi ragazzi dovranno essere seguiti ancora di più nell’adolescenza. Perché non si riesce a dare queste famiglie l’aiuto che meritano?
E voi unimamme cosa ne pensate?
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