Quando si diventa madri il problema della conciliazione tra maternità e lavoro è davvero molto sentito. Purtroppo spesso la maternità viene vista come una seccatura, mentre è stato provato – per esempio dal progetto MaaM di Riccarda Zezza che ha anche scritto un libro intitolato “La maternità è un master” – che diventare madri fa acquisire delle competenze e migliorare quelle che già si hanno. La via per capire che avere un figlio non sia una iattura per i datori di lavoro è ancora lunga, almeno a giudicare dai casi di mobbing e di conseguente scelta di dimissioni quando per esempio si chiede il part-time. E’ proprio il caso di Valeria Parma, mamma 36enne di 3 figli, che sul sito change.org ha scritto una petizione per rendere obbligatorio il tempo ridotto quando si ha una prole a cui pensare. Sta facendo il giro del web e per il momento ha raccolto 5.323 firme: ne mancano poco più di 2000 per riuscire a portarla su tavolo del neo Ministro del Lavoro Giuliano Poletti.
“Dopo dieci anni come dipendente presso un’azienda del mio territorio, ho dovuto dimettermi perché non mi è stata concessa una riduzione dell’orario di lavoro. Il fatto di avere 3 figli non mi permette più di poter stare fuori casa 10 ore tutti i giorni (8 ore effettive di lavoro, 1 ora e mezzo di pausa pranzo, mezz’ora circa di viaggio tra andata e ritorno); e purtroppo il mio non è un caso isolato, ma la norma. Per questo vorrei che in Italia l’essere madri non fosse più un privilegio ma un diritto” si legge sulla petizione.
Per questo Valeria suggerisce di concedere il part time obbligatorio alle neo mamme, in modo che possano conciliare famiglia e carriera senza sentirsi in colpa. Perché se ci pensate bene non è assolutamente giusto chiedere ad una donna, magari dopo anni di studi e specializzazioni, di stare a casa a badare ai bambini. Per carità, non c’è nulla di male, ma meglio una mamma realizzata e un po’ meno presente piuttosto che una mamma super presente solo fisicamente.
“In Italia la stragrande maggioranza delle aziende è carente rispetto alle politiche di conciliazione. A colmare questa carenza dovrebbe essere lo Stato, con investimenti mirati. Invece purtroppo i dati parlano chiaro: il nostro Paese investe nella spesa pubblica per la famiglia un terzo in meno rispetto alla media europea”.
Secondo Valeria una soluzione potrebbe essere quella di tramutare in part-time l’assegno di disoccupazione che le lavoratrici dimissionarie ricevono per due anni, come prevede il Jobs Act: “Per una donna/lavoratrice/madre non sarebbe più dignitoso poter conciliare lavoro e famiglia piuttosto che ricevere un sussidio di disoccupazione per aver rinunciato al proprio posto di lavoro?”
Se anche voi volete provare a cambiare le cose, firmate la petizione, che trovate integralmente su Change.org.
E voi unimamme cosa ne pensate?
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