Quando un uomo diventa papà spesso non ha la vita rivoluzionata come quella di una donna:
Eppure i papà italiani vorrebbero essere maggiormente coinvolti, non vorrebbero essere considerati come un mero accessorio della genitorialità. Se ci pensate bene siamo noi prime a essere maschiliste: pensiamo che i nostri compagni non siano in grado di occuparsi dei bambini, di cambiare pannolini, di svegliarsi la notte per dare il biberon. Quanta solitudine eviteremmo se chiedessimo aiuto!
Per fortuna c’è da dire che i padri di oggi sono diversi da quelli di un tempo e vogliono partecipare attivamente nella crescita dei figli, quasi come genitori full time. Eppure sembra che questo nuovo ruolo spesso non abbia voce. Da parte delle famiglie in primis e anche dal mondo del lavoro, dove i padri non godono di un congedo di paternità degno di questo nome.
Riccarda Zezza, fondatrice di Piano C, il primo co-working italiano con servizi per conciliare maternità e paternità nato a Milano nel 2012, e del MaaM (Maternity as a Master), ovvero di un percorso che permette di sfruttare le nuove competenze fornire dalla maternità, ha dato origine ad una nuova campagna che s’intitola “Diamo voce ai papà”.
Si tratta di una campagna nazionale per dare voce ai padri, alle loro aspirazioni, ai loro desideri, frustrazioni e paure.
Secondo infatti un focus group condotto dal Maam su un campione di 50 papà:
Diamo voce ai papà è anche una campagna fotografica sui social, #Cosavoglionoipapà, realizzata assieme a diversi partner, per dare un’idea di una fotografia dei papà italiani: il racconto si concluderà il 19 marzo, il giorno della Festa dei Papà.
A questo si affianca un sondaggio #Chisonoipapà, che indagherà – in collaborazione con Il Sole 24 ore – l’identità, le caratteristiche e le volontà dei papà.
E voi unipapà, che tipo di padri siete? Risponderete al sondaggio?
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