Quando i bambini imparano a riferirsi a sé stessi con il pronome “io”?
In sostanza, quando prendono coscienza di essere degli individui separati da mamma e papà, con un proprio mondo interiore?
In realtà è da quando nascono che per esempio guardandosi allo specchio o compiendo azioni cominciano a definirsi, ma è soltanto attorno al secondo anno che prendono coscienza di sé. Un’indicazione che questo passaggio è avvenuto è quando il bambino appunto comincia a riconoscersi guardandosi riflesso, mentre prima non si rendeva conto di chi fosse quell’individuo così somigliante.
L’idea di se stessi: ecco quando si sviluppa nei più piccoli
L‘idea di sé, come spiegato da alcuni professori dell’Università di Aberdeen su The Conversation, si sviluppa appunto quando i bimbi cominciano ad usare pronomi come “Io” o “Me” “Tu”; un altro esempio è quando rivendicano la proprietà di un giocattolo dicendo “è mio!” e piangono se viene loro sottratto.
Inoltre, l’apparizione di sentimenti come:
- l‘imbarazzo
- l’orgoglio
- la vergogna
- la colpevolezza
è un’indicazione del fatto che i bambini hanno sviluppato appunto una coscienza di sé.
Questo accade dopo i tre anni, quando appunto i bimbi sono contenti per qualcosa che fanno (ad esempio un disegno o se riescono a realizzare un gioco) oppure si sentono in colpa se si rendono conto di aver commesso qualche errore.
La capacità dei bambini di pensare al sé è anche determinata dal concetto di “self-concept”: tra il primo e il secondo anno i bimbi cominciano a formulare frasi come “sono un bravo bambino” che poi diventano sempre più complesse. Solo verso gli 8 anni hanno un’idea della loro personalità e di che cosa li rende una brava persona.
Se poi i genitori forniscono al bimbo una percezione positiva di se stessi questo si rifletterà anche a livello sociale: il bambino avrà voti migliori e un rendimento a scuola più alto. In sostanza, crescere i figli dando loro un rinforzo positivo per quello che fanno permetterà di essere più sicuri anche nella vita.
L’idea del sé si può poi verificare anche attraverso un esperimento: è stato chiesto ad alcuni bambini tra i 4 e i 6 anni di mettere in un contenitore delle foto di alcuni oggetti propri e in un altro contenitore quelli di un’altra persona. E’ stato dimostrato che i bimbi ricordavano maggiormente gli oggetti nel proprio cesto, rispetto a quelli del “vicino”, questo perché l’idea di “mio” aiuta a focalizzare meglio la memoria.
Inoltre, l’acquisizione del concetto di sé aiuta anche nell’apprendimento: formulare problemi matematici in secondo persona ad esempio è utile nella loro risoluzione.
E i vostri figli, unimamme, quando hanno iniziato a dire “io” o “mio”?