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Come saranno le madri del futuro? A dirlo una ricerca

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Valentina Colmi

Se c’è una cosa che mi è sempre stata chiara è che io sono un 4%, cioè la percentuale che nelle statistiche non conta poi molto, quella che non si fila nessuno. Io per esempio di figlie ne ho due e di anni ne ho 34, praticamente l’età in cui le mie coetanee stanno pensando se avere un bambino o sono incinte. E non intendo fermarmi qui: credo che vorrò degli altri bambini in futuro, perché mi piacciono le famiglie numerose e pazienza se non abbiamo tanti soldi: con un po’ di fortuna, lavoro e qualche aiuto ce la faremo.

Le madri del futuro: più vecchie e con un figlio solo

Ecco perché rappresento il 4%. Secondo il laboratorio di statistica dell’Università Statale di Milano infatti il ritratto che emerge delle possibili mamme del futuro è completamente diverso dal mio:

  • si diventa madri per la prima volta tra i 30 e i 34 anni
  • spesso si tratta di donne con un livello di istruzione superiore, laureate
  • si sceglie di avere un figlio solo perché la situazione lavorativa è precaria

Io della precarietà me ne sono sempre abbastanza fregata, e questo non nascondo che a volte ha portato delle situazioni non semplici, eppure non avrei mai immaginato di aspettare la tranquillità economica, il momento giusto, per diventare madre.

Certo, io ragiono così perché ho la possibilità di chiedere aiuto, ma credo che in tanti, assai meno pericolanti dal punto di vista economico e lavorativo, rinuncino ad avere figli o a rimandarli perché non soltanto un bambino ti stravolge la vita, ma anche perché è meglio non diventare genitori se non si vuole rinunciare a sé stessi e alle proprie abitudini.

Ovviamente poi si aggiunge l’aspetto culturale: i figli sembrano essere ancora solo delle madri, nonostante ci siano dei bravissimi papà pronti a prendersene cura. Il problema è che questo non viene riconosciuto dal mondo del lavoro, dove i padri devono ritornare subito alla propria professione e anche volendo hanno pochi giorni di congedo. Dall’altra parte per molti capi, una donna incinta e poi madre è una iattura, perché non metterà più il lavoro al primo posto.

Insomma, il quadro che emerge è abbastanza sconfortante: nel 2015 infatti le nascite sono state 478mila, ben al di sotto della soglia minima di 500mila che viene indicata come calo demografico. D’altronde nel nostro Paese mancano le politiche per permettere alle donne di conciliare lavoro e famiglia: forse la soluzione migliore sarebbe concedere il part-time obbligatorio per permettere di dedicarsi a entrambi questi aspetti.

Quando si imparerà che la genitorialità è una risorsa e non una rottura di scatole?

E voi unimamme cosa ne pensate?

Valentina Colmi

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