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L’arte giapponese di onorare la perdita dei bambini mai nati

Published by
Valentina Colmi

Se c’è una cosa di cui non si parla mai è la perdita perinatale. L’aborto – come altre cose che riguardano la maternità – è un tabù:  perdere un bambino non si deve dire, si deve andare avanti, seppellire il dolore in fondo sperando che non faccia rumore.

Una mamma, Angela Elson, ne ha parlato sul New York Times: quando lei e il marito vivevano in Giappone sono andati a fare una visita ad un cimitero. Qui hanno trovato le Jizo, centinaia di statuine di pietra che delineavano i sentieri di legno. Si tratta di piccoli ricordi di bambini che non sono nati. Queste stuatuine sono vestite con capelli e bavaglini rossi per onorare le anime dei bambini che non sono mai nati. Ai piedi è facile trovare giochi, fiori e snacks lasciati dai genitori per confortare i loro figli nell’aldilà. Jizo, secondo la tradizione buddista, aiuta i bambini mai nati, e che quindi non hanno avuto la possibilità di ottenere un buon karma, di arrivare in Paradiso.

Questa cosa, all’epoca, quando erano più giovani, non aveva toccato la coppia fino a quando anche Angela e suo marito non hanno vissuto lo stesso dramma: quando la donna era incinta di 10 settimane ha subìto un aborto e alla sua domanda al medico su cosa fare, un funerale o cosa, la risposta del medico è stata: “Vada a casa e dorma“.

Lutto perinatale: come superarlo grazie a una tradizione giapponese

Quando sono tornati a casa, Angela non riusciva a darsi pace: come avrebbe potuto superare quel vuoto senza averlo in qualche modo ricordato?

In Occidente non esiste nulla del genere: la perdita di un bambino alle prime settimane di gestazione non è da considerarsi tale. I medici poi tendono a comunicare la notizia prendendo le distanze, come se fosse qualcosa che a loro non riguarda o di poca importanza.

Angela e suo marito, cercando di fare qualcosa che li aiutasse, hanno pertanto deciso di comprare una Jizo on line e di tenerla in casa, inizialmente in sala, in modo da ricordare il bambino. Angela racconta di aver confezionato il cappellino con le sue mani, che a volte le capitava di parlare al Jizo, e se nessuno la guardava, è anche capitato che lo baciasse. 

Dopo un po’ Angela ha però deciso di trasferire la statua in giardino, da dove può ricordare il bambino che non c’è più, ma con amore, senza ansia.

Ogni anno, in occasione dell’anniversario dall’aborto, Angela prende la statua, la lava, le cambia i vestiti che confeziona personalmente.

Non so se questo sia il modo per sopportare un aborto o il giusto modo di trattare un Jizo. Non so per quanto tempo realizzerò dei nuovi vestiti: forse finché non ho la necessità o forse per sempre”  ha detto Angela – “Brady e io penseremo sempre a quel bambino che non è mai nato.  Lasceremo pezzi del nostro amore per il nostro bambino dovunque andremo, sperano che Jizo ci aiuterà a consegnarli ovunque si trovi.

E voi unimamme cosa ne pensate?

Valentina Colmi

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