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Bisogna aver paura dei nostri figli? L’esperto Alberto Pellai risponde

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Valentina Colmi

Dopo i recenti fatti di cronaca che hanno visto protagonista il figlio minorenne di una coppia nel ferrarese che con la complicità dell’amico ha ucciso i propri genitori per motivi pare legati agli scontri sull’andamento scolastico e sulla mancata libertà che il sedicenne reo confesso voleva avere. Questo evento va ad aggiungersi ad altri casi raccontati dalla cronaca nera di questi anni: da Erika e Omar, a Pietro Maso, a Doretta Graneris che nel 1975 sterminò tutta la famiglia, compresi i nonni e il fratello.

Quando accadono queste cose ci si chiede quale sia il ruolo della famiglia che fino a quel momento ha forse ignorato o non ha saputo gestire dei problemi adolescenziali mal risolti. Lo psichiatra Vittorino Andreoli – che nei primi anni Novanta fece la perizia su Pietro Maso che assassinò i genitori per l’eredità – sentito dal Corriere della Sera ha dichiarato che ormai la famiglia e la scuola non sono più percepiti come un valore, ma come un’ostacolo per la propria libertà. Il ragazzo che si è reso colpevole di questi ultimi omicidi – facendo per altro uccidere i genitori all’amico per procurarsi un’alibi – saltava spesso la scuola, fumava spinelli e voleva la vita facile, senza alcuna fatica.

Paura dei nostri figli? Ecco cosa dice Alberto Pellai

Un altro esperto che è intervenuto nel dibattito è Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva, che ha scritto diversi libri su pre-adolescenti e adolescenti, focalizzando l’attenzione sul ruolo dei genitori. In molti infatti quando si sentono dire “ti odio”, “sei il peggior padre che si possa avere”, temono di subire una sorte simile a quella raccontata dai giornali.

Il duplice omicidio di Pontelangorino in noi genitori scatena paura. Una paura tremenda. Chi sono davvero i nostri figli? Chi siamo noi per loro? Che cosa hanno in testa quando durante le scenate di famiglia ci dicono frasi orribili come “Siete dei genitori terribili”, “Non vorrei mai essere nato in questa famiglia”? Davvero ci odiano in quei momenti? Davvero – come è successo in provincia di Ferrara – nostro figlio potrebbe arrivare a progettare e mettere in atto il nostro assassinio?” scrive Pellai su Famiglia Cristiana.

Pellai risponde che non dobbiamo temere i nostri figli, ma stare ancora più vicino a loro: No, genitori. Non abbiate paura dei vostri figli. Non temete che vi possano fare male. Ciò che è successo a Ferrara è terribile. Ma è un’eccezione. Ciò che dobbiamo imparare da un fatto del genere non è la paura verso un figlio. Ma un desiderio ancora più forte di stare accanto alla sua crescita, ai suoi bisogni”.

Anche se lo psicoterapeuta sa per esperienza “che molti adolescenti a volte nella propria mente immaginano di uccidere la propria mamma e il proprio papà. Anche Freud aveva dichiarato che per diventare grandi bisogna imparare “a far fuori” chi ti ha messo al mondo. Naturalmente è un “far fuori” metaforico. Tutti i nostri figli questa distinzione tra fantasia e realtà la sanno di solito operare molto bene. Qualcuno no. E allora finisce nella cronaca nera. “Stare nel principio di realtà” con un figlio adolescente, significa ricostruire il legame dopo ogni “litigio”. Significa far sentire che “ti voglio bene” anche quando ti impongo limiti e regole. Significa che desidero il tuo successo scolastico, non perché serve a me ma perché serve a te. Significa utilizzare strategie complesse di fronte ai problemi. E imparare a vederli, ad affrontarli, a discuterne, a dedicare tempo ed energie per risolverli e superarli”.

Probabilmente, dice Pellai, nel ragazzo della provincia di Ferrara è venuto meno o ha smesso di funzionare questo principio di realtà, non ha risolto il problema con i suoi genitori, lo ha eliminato (o meglio fatto eliminare). Naturalmente non erano i suoi il fulcro dei suoi presunti mali, ma lui stesso. Per questo, anche quando ci scontriamo con i nostri figli  “ciò che dobbiamo imparare noi genitori non è “avere” paura dei nostri figli, bensì l’esatto contrario. Ovvero, continuare ad amarli. Continuare a sostenerli nelle loro fatiche e nei loro problemi. Aiutarli a sentirsi responsabili e protagonisti delle proprie scelte di vita. Magari stando più al loro fianco e lavorando un  po’ meno”.

Cosa dobbiamo fare? Soprattutto avere coraggio: “Coraggio di sentire la bellezza del nostro ruolo anche quando ci sembra faticoso. Coraggio di chiedere aiuto se ci sentiamo sopraffatti. Coraggio di credere che nei nostri figli il bello prevale sul brutto. E se noi quel bello lo vediamo, loro lo metteranno in gioco (…) I nostri figli hanno bisogno di adulti al loro fianco capaci di testimoniare coraggio e speranza. E’ di questo che dobbiamo dotarci, oggi, per trasformare sgomento ed orrore in qualcosa che costruisce”.

E voi unimamme cosa ne pensate?

Valentina Colmi

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