C’è il lavoro che assorbe la quasi totalità della giornata, la scuola, le attività extrascolastiche, le amicizie e ancora l’onnipresente tecnologia.
Il confronto generazionale tra genitori e figli in realtà non è mai stato “semplice” e si potrebbe obiettare che un padre e una madre che vogliano trasmettere i loro principi, se determinati, possono riuscirci trovando un modo nonostante la tecnologia sempre più pervasiva
I genitori però, in questi ultimi tempi, sembrano spiazzati e incapaci, per la maggior parte, di parlare con i loro figli delle cose importanti, rinunciando a coltivare i rapporti ormai ridotti all’osso mentre uno esce di casa e l’altro entra.
Questa non è una situazione peculiare italiana, ma un’atmosfere che registra anche in altri Paesi. Per questo motivo Joan McFadden, editorialista del The Guardian, ha coordinato un’inchiesta interpellando psicoanalisti e terapeuti, chiedendo loro consiglio su come rapportarsi con i ragazzi.
Si parla di “power of talking sideways to children” (il potere del dialogo trasversale con i figli) che mette da parte i tradizionali “devo parlarti” che spesso causano un’immediata chiusura dei figli, preferendo una chiacchierata di 10 minuti al giorno usando tutte le occasioni possibili: mentre si cucina, mentre si fa sport insieme, mentre si accompagnano i figli a scuola, ecc…
A suggerirlo, prendendo spunto dalla sua esperienza personale come madre di 4 figli, è la dottoressa Rachel Andrews, psicoterapeuta e membro della British Psychological Society. Lei consiglia di parlare di tutto, magari con leggerezza, mostrare apertura aiuta poi ad affrontare i problemi più seri. Lo scopo è quello di far sapere ai ragazzi che in quel lasso di tempo possono contare sull’ascolto dei genitori.
Infatti, spesso sono le mamme e i papà che devono lavorare sul dialogo con figli, in modo che sappiano davvero ascoltarli quando i ragazzi si confidano.
Per esempio si potrebbe lasciare condurre la conversazione ai ragazzi mentre i genitori commentano invece di fare le domande come un interrogatorio. “In questo modo si coltiva la relazione e si trasmette al figlio l’idea che possa confidare qualsiasi cosa, dalle cose quotidiane ai problemi che lo angosciano di più”.
Anche lo psicologo Arthur Cassidy sottolinea la validità di questo metodo. La chiacchiera trasversale rassicura i figli e viene interpretata dai figli come meno minacciosa. È inoltre bene che i genitori non prendano subito il sopravvento sulla conversazione, in modo particolare quando i figli raccontano i loro problemi.
Le frasi come “guarda che ti devo parlare” ormai insinuano un clima di rigidità. Come conferma anche Massimo Ammaniti, neuropsichiatra infantile e psicoanalista, ormai si deve dire addio alla predica come ce la facevano i nostri genitori. Con i ragazzi di oggi bisogna inviare un messaggio breve, che magari sarà ripreso da loro stessi successivamente. E se i ragazzi chattano mentre gli parliamo un papà o una mamma possono pronunciare una frase come: “vorrei dirti una cosa ma vedo che stai chattando, quando hai finito facciamo quattro chiacchiere”.
Esiste quindi il bisogno di comunicare, ma ci sono difficoltà sul mezzo. Catia Pepe, psicoterapeuta dell’età evolutiva e docente al Consorzio Universitario Humanitas pone in luce la nostra società individualistica che induce gli adulti a perdere di vista i bisogni dei figli. Anche lei promuove il sapersi ritagliare degli spazi, nel tran tran quotidiano, in cui parlare con i ragazzi e ascoltarli.
Unimamme cosa ne pensate di queste riflessioni? Voi riuscite a parlare liberamente con i figli adolescenti?
Vi lasciamo con le riflessioni dell’esperto Alberto Pellai sul rapporto tra genitori e figli.
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