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“Gli studenti italiani non sanno scrivere”: l’allarme dei docenti universitari

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Francesca Nicoletti

A ogni cambio di ciclo scolastico ci chiediamo quale sia la scelta migliore per poter offrire ai nostri figli un’istruzione adeguata e un luogo ideale. Abbiamo anche scritto dei consigli dati dagli esperti per aiutarci a muovere nei meandri della scuola. Purtroppo, però, a oggi salta agli occhi un dato negativo: i nostri figli non sanno scrivere. Eccone le prove.

“Gli studenti italiani fanno errori da terza elementare”: la denuncia dei prodocenti fessori universitari

Sempre più strafalcioni leggiamo sui muri o sui social network, è il momento di prendere i dovuti provvedimenti prima che la nostra cara e meravigliosa lingua italiana venga definitivamente uccisa. È quello che avranno pensato anche i 600 accademici che hanno deciso di fare qualcosa per salvaguardare la lingua più bella del mondo: l’italiano.

Ebbene si, 600 docenti  italiani hanno mandato una lettera al Governo chiedendo di prendere tutti i provvedimenti affinché la nostra lingua, quella dei sommi poeti, non subisca ulteriori violenze.

Si tende a dare la responsabilità di questo declino e al modo di scrivere sui social network ma, in realtà, non tutte le colpe sono da attribuire all’avanzare della nuova tecnologia. Purtroppo, ormai, è da diversi anni che la scuola italiana ha le sue défaillance e mentre una volta era il nostro fiore all’occhiello, oggi è quasi il fanalino di coda.

Per comprendere meglio ciò di cui si lamentano e si preoccupano gli accademici ecco alcuni punti salienti della lettera:

«È chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente.

Da tempo i docenti universitari denunciano le carenze linguistiche dei loro studenti (grammatica, sintassi, lessico), con errori appena tollerabili in terza elementare. Nel tentativo di porvi rimedio, alcuni atenei hanno persino attivato corsi di recupero di lingua italiana.

A fronte di una situazione così preoccupante il governo del sistema scolastico non reagisce in modo appropriato, anche perché il tema della correttezza ortografica e grammaticale è stato a lungo svalutato sul piano didattico più o meno da tutti i governi.

Abbiamo bisogno di una scuola davvero esigente nel controllo degli apprendimenti, oltre che più efficace nella didattica, altrimenti né l’impegno degli insegnanti, né l’acquisizione di nuove metodologie saranno sufficienti».

I professori concludono la loro accorata richiesta di intervento indicando alcune linee guida da seguire per cercare di rimediare al danno. Eccole:

«A questo scopo, noi sottoscritti docenti universitari ci permettiamo di proporre le seguenti linee di intervento:

– una revisione delle indicazioni nazionali che dia grande rilievo all’acquisizione delle competenze di base, fondamentali per tutti gli ambiti disciplinari. Tali indicazioni dovrebbero contenere i traguardi intermedi imprescindibili da raggiungere e le più importanti tipologie di esercitazioni;

– l’introduzione di verifiche nazionali periodiche durante gli otto anni del primo ciclo: dettato ortografico, riassunto, comprensione del testo, conoscenza del lessico, analisi grammaticale e scrittura corsiva a mano.

– Sarebbe utile la partecipazione di docenti delle medie e delle superiori rispettivamente alla verifica in uscita dalla primaria e all’esame di terza media, anche per stimolare su questi temi il confronto professionale tra insegnanti dei vari ordini di scuola.

Siamo convinti che l’introduzione di momenti di seria verifica durante l’iter scolastico sia una condizione indispensabile per l’acquisizione e il consolidamento delle competenze di base. Questi momenti costituirebbero per gli allievi un incentivo a fare del proprio meglio e un’occasione per abituarsi ad affrontare delle prove, pur senza drammatizzarle, mentre gli insegnanti avrebbero finalmente dei chiari obiettivi comuni a tutte le scuole a cui finalizzare una parte significativa del loro lavoro».

L’ex sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, Professore emerito di Filosofia presso l’università San Raffaele di Milano, firmatario anch’egli della lettera, in un’intervista su Repubblica ha espresso così il suo pensiero:

«Chiariamo: la colpa non è degli studenti, né degli insegnanti, ma di chi ha smantellato la scuola disorganizzandola. L’impianto dei vecchi licei è stato smontato senza riflettere su quali competenze siano comunque basilari per qualsiasi corso di studi. Prima c’era il nucleo forte di materie come italiano, latino, storia e filosofia al classico, lo scientifico cambiava di poco con l’aggiunta di matematica. Adesso si taglia il latino, si taglia la filosofia, pilastri per un apprendimento logico. Sembra che l’unica cosa indispensabile sia professionalizzare, ma non si vuole capire che alla base di ogni apprendimento ci sono le competenze linguistiche». Come dargli torto!

E voi unimamme che ne pensate del nostro “sistema-scuola” e delle iniziative suggerite da questi docenti?

Francesca Nicoletti

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