Non andare a scuola e insegnare ai figli a casa: questo è l’homeschooling, una realtà molto diffusa negli Stati Uniti dove gli studenti sono oltre 2 milioni, ma che sta prendendo piede anche qui in Italia. Erika Di Martino è la più famosa: madre di 5 figli, dai 12 ai 17 mesi, italo-americana, ha scelto questa strada. Per molti potrebbe sembrare una decisione snob, magari per famiglie ricche, che toglie ai bambini un elemento fondamentale come la socialità, ma leggendo l’intervista che ha rilasciato a Repubblica, emerge un’altra realtà.
Innanzitutto gli homeschoolers non sono dei fuorilegge: la costituzione italiana prevede che i bambini abbiano un’istruzione, non che vadano a scuola. Per questo si può tranquillamente imparare tra le mura domestiche senza voti, senza verifiche sul programma e senza coercizioni. Secondo Erika la scuola pubblica non aiuta a rispettare i tempi degli alunni: “La mia seconda figlia, Olivia, ha imparato a leggere e a scrivere più tardi degli altri. Di certo a scuola l’avrebbero classificata, etichettata, o chissà. Invece è bastato soltanto darle tempo…” ha detto.
Ogni occasione è buona per imparare e per approfondire: per esempio non comprare del cibo spazzatura può essere un pretesto per parlare di come essi vengono trasformati e da dove provengono. Poi ancora viaggi, organizzati con famiglie di altri homeschoolers, per vedere con i propri occhi quello che si è studiato, mostre e gite.
Generalmente sono i genitori a insegnare ai bambini oppure altri insegnanti se non sono competenti nella materia: “I miei bambini ad esempio studiano musica con musicisti e spagnolo con un tutor madrelingua”. Certo, il rischio di un po’ di isolamento c’è, “po’ di solitudine si sente. Ma noi non viviamo in mezzo a un bosco: i miei bambini fanno moltissime attività dove incontrano i loro coetanei. E comunque insieme alle altre famiglie di homeschooler ci vediamo due pomeriggi alla settimana a Milano, proprio per far socializzare i nostri figli”.
E se poi si vuole tornare nella scuola tradizionale? Si deve fare un esame da privatisti, mentre all’inizio di ogni anno scolastico si manda una lettera alla propria scuola di riferimento in cui si comunica di aver scelto l’educazione parentale. Erika racconta che lei e il marito hanno scelto questa strada perché la scuola fa sentire incompresi molti ragazzi: “ma quale scuola? Trenta in una classe con una sola insegnante e la maggioranza dei bambini lasciati a se stessi, la competizione, i voti, il bullismo?”.
I suoi figli scrivono perfettamente in italiano e in inglese e il primogenito Thomas è stato ammesso all’Accademia della Scala.
E voi unimamme cosa ne pensate?
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