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Ragazza di 18 anni si sente male a scuola: aveva abortito per la quarta volta

Published by
Valentina Colmi

Care unimamme, la storia che vogliamo raccontarvi oggi suscita diverse emozioni: tristezza per la ragazza perché abortire non è mai una passeggiata, ma anche rabbia perché nel 2017 l’aborto non può e non deve essere considerato un metodo anticoncezionale.

Cerchiamo di andare per passi.

Rimasta incinta abortisce per la quarta volta: condannata per procurato aborto

Una ragazza di 18 anni della provincia di Vicenza si è sentita male a scuola: immediatamente la professoressa ha chiamato l’ambulanza e non appena giunta in ospedale i medici hanno fatto una scoperta incredibile. La giovane infatti aveva infatti abortito per la quarta volta in 3 anni ed era in atto una grave emorragia: i primi 3 aborti erano avvenuti quando era ancora minorenne e frequentava lo stesso fidanzato, il quale dopo l’ultimo episodio l’ha anche lasciata.

Pare che la ragazza, come si legge su Il Giornale di Vicenza, si sia procurata volontariamente l’aborto assumendo una grande quantità di pasticche contro gli spasmi addominali, che appunto servirebbero a procurare un’interruzione di gravidanza se prese in maniera eccessiva (è uno dei metodi usati dalle prostitute).

La giovane è stata denunciata dalla Polizia e poi, a distanza di 3 anni,  condannata dal Tribunale di Vicenza a 15 giorni di reclusione per procurato aborto, con pena sospesa, perché sarebbe dovuta andare in ospedale e non procurarselo privatamente.

La ragazza, di origini ghanesi, secondo il racconto di un amico pubblicato sul Giornale di Vicenza, avrebbe abortito per paura del papà. Il padre sarebbe infatti un pastore protestante della chiesa presbiteriana e la ragazza aveva paura della sua reazione, perché non avrebbe mai accettato che la figlia fosse rimasta incinta al di fuori del matrimonio.

Le domande che sorgono sono tante:

  • perché una ragazza oggi non ha sufficienti informazioni su anticoncezionali e strutture sanitarie dedicate?
  • perché queste informazioni non vengono veicolate a scuola ad esempio?
  • perché una ragazza di 18 anni conosce come indursi un aborto, ma non sa ad esempio che se fosse andata in un consultorio pubblico sarebbe stata seguita, anche se minorenne?
  • perché la condanna ha riguardato solo la ragazza e non anche chi ha concorso all’aborto, nella fattispecie il suo ragazzo?
  • perché dopo i numerosi aborti non sono stati attivati i servizi sociali o un supporto psicologico e sanitario?

Domande che restano senza risposta purtroppo, ma che confermano come purtroppo manchi in Italia una seria educazione sessuale ed affettiva.

Purtroppo in rete esistono siti che insegnano per filo e per segno come procurarsi un aborto. Ma la più grande domanda è: cosa spinge una ragazza a trovare una soluzione su internet, magari mettendo a rischio la sua salute e il suo futuro per un comportamento irresponsabile?

Insomma, in questa storia ci sono tantissime domande e poche risposte. E voi cosa ne pensate unimamme?

Valentina Colmi

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