Care unimamme, dopo avervi riportato i numeri sul parto cesareo in Italia, purtroppo in aumento, riprendiamo il discorso sulle nascite in Italia partendo sulla base dei dati del rapporto Cedap – Certificato di assistenza al parto, a cura dell’Ufficio di Statistica del Ministero della Salute.
Il rapporto, da poco pubblicato, si riferisce alle nascite del 2014, e rileva per il 2014 una ulteriore diminuzione della natalità in Italia. Un calo della fecondità iniziato dal 2010.
Il numero medio di figli per donna è sceso a 1,37 nel 2014, rispetto a 1,46 del 2010.
Osservando i dati a livello regionale:
Le regioni meno prolifiche in assoluto sono Sardegna, Basilicata e Molise.
Il calo della natalità è dovuto in parte anche ad un effetto “strutturale”: stanno uscendo dall’esperienza riproduttiva le generazioni di donne nate a metà degli anni ’60, molto più numerose delle generazioni più giovani che via via raggiungono le età feconde.
Anche per le donne straniere, che finora avevano compensato questo squilibrio strutturale, negli ultimi anni si è assistito ad una diminuzione della fecondità.
Parlando invece di procreazione medicalmente assistita (PMA), essa riguarda in media 1,71 gravidanze ogni 100. Un dato in aumento rispetto al 2013.
Circa le tecniche più utilizzate si ha che:
Tali tecniche inoltre inoltre hanno portato a gravidanze terminate con taglio cesareo nel 54,7% di casi.
Parlando di parti plurimi, la percentuali di tali parti in gravidanze medicalmente assistite è del 21,4% ed è sensibilmente superiore a quella registrata nel totale delle gravidanze (pari a 1,7%).
I parti con procreazione medicalmente assistita sono più frequenti tra le donne con età superiore ai 35 anni. La percentuale di parti aumenta al crescere dell’età, in particolare è pari al 8,3% per le madri con età maggiore di 40 anni.
Il rapporto Cedap comunica inoltre i dati sulle visite mediche effettuate in gravidanza.
Nel 2014, in oltre l’87% delle gravidanze sono state effettuate più di 4 visite, mentre la percentuale di gravidanze in cui non è stata effettuata alcuna visita è l’1%.
Circa il momento della prima visita in gravidanza, che rappresenta un indicatore utilizzato in sede internazionale (indicatori PERISTAT) e in ambito nazionale (indicatori dell’Addendum alla cosiddetta Griglia LEA) per la valutazione dell’accesso alle cure prenatali, esso è influenzato da
Le donne straniere non si sottopongono ad alcun controllo in gravidanza nell’1,7% dei casi, mentre questo accade per lo 0,9% delle donne italiane e si sottopongono alla prima visita dopo l’undicesima settimana di gestazione nell’11,5% dei casi, mentre le donne italiane nel 2,6% dei casi.
Riguardo l’età, le donne giovani, soprattutto sotto i 20 anni, sono più a rischio di controlli assenti o tardivi: non si sottopongono ad alcun controllo medico in gravidanza nel 3,2% dei casi, oppure effettuano la prima visita dopo l’undicesima settimana di gestazione nel 12,6% dei casi.
Circa il livello di istruzione, le donne con scolarità medio-bassa effettuano la prima visita in gravidanza più tardi. Quelle con titolo di studio elementare o senza nessun titolo di studio effettuano la prima visita dopo l’undicesima settimana di gestazione nel 10,6%dei casi. Mentre lo stesso accade alle donne con scolarità alta solo nel 2,6% dei casi.
Circa il numero di ecografie a livello nazionale esso è stato in media pari a 5,4 per ogni parto. Nel 73,3% dei casi è stato superato il numero raccomandato dai protocolli di assintenza alla gravidanza del Ministero della salute, che ne prevede 3.
I dati cambiano notevolmente da regione a regione:
Secondo il rapporto si ha quindi un eccessivo ricorso alla medicalizzazione e il sovra-utilizzo di prestazioni diagnostiche in gravidanza.
Per quanto riguarda le tecniche diagnostiche prenatali invasive, la classifica delle più utilizzate è la seguente:
In media ogni 100 parti sono state effettuate 9,2 amniocentesi.
A llivello regionale si notano differenze tra il Nord e il Sud, e le regioni con i valori più alti sono:
Il numero delle amniocentesi sale quando le madri superano i 40 anni, arrivando al 28,31% dei parti.
Il numero dei nati morti è stato di 1.377, corrispondenti ad un tasso di nati-mortalità pari a 2,74 nati morti ogni 1.000 nati.
Circa invece le malformazioni, si sono registrati 4.492 casi di malformazioni diagnosticate alla nascita o entro i primi 10 giorni di vita.
Purtroppo l’indicazione della causa è presente rispettivamente solo nel 21,6% dei casi di nati-mortalità e nel 79,9% di nati con malformazioni.
Il tasso di mortalità infantile, che misura la mortalità nel primo anno di vita, è stato di 2,96 bambini ogni mille nati vivi, dato che negli ultimi 10 anni ha continuato a diminuire su tutto il territorio italiano, anche se negli anni più recenti si è avuto un rallentamento di questo trend.
Il tasso di mortalità neonatale rappresenta invece la mortalità entro il primo mese di vita e contribuisce per oltre l’80% alla mortalità infantile.
I decessi nel primo mese di vita sono dovuti principalmente a cause endogene, legate alle condizioni della gravidanza e del parto o a malformazioni congenite del bambino.
I decessi successivi al primo mese di vita sono invece generalmente dovuta a cause di tipo esogeno legati alla qualità dell’ambiente igienico, sociale ed economico in cui vivono la madre e il bambino.
E voi unimamme cosa ne pensate di tutti questi dati?
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